martedì 19 gennaio 2010

CGH convenzionale



Le tecniche citogenetiche sono molto importanti nell’individuazione di aberrazioni cromosomiche in soggetti con tumori o disordini dello sviluppo. Fino ad ora, con le tecniche citogenetiche tradizionali (bandeggi) si è riusciti ad ottenere un massimo di risoluzione di 5Mb (megabasi). Successivamente, con la FISH è stato possibile individuare squilibri genomici nell’intervallo di 5 – 5000 Kb. Con questa tecnica è però possibile analizzare solo loci specifici, e non l’intero genoma di un individuo.
L’avvento della CGH (comparative genomic hybridization), una tecnica citogenetica molecolare, ha permesso per la prima volta di effettuare contemporaneamente l’analisi dell’intero genoma, cioè di tutti i cromosomi, rivelando la presenza di duplicazioni o delezioni in qualsiasi locus. Tale tecnica si basa sul principio della competizione tra due DNA genomici marcati con fluorocromi differenti (un DNA di riferimento, cioè il Control DNA e un DNA da cellule tumorali del paziente, cioè il Test DNA) per il legame a cromosomi metafasici di un soggetto sano, quindi normali, nel caso della CGH convenzionale, o a sequenze omologhe di DNA immobilizzate su un array nel caso della CGH-Array.

La CGH convenzionale possiede una risoluzione dell'ordine di 2-3 Mb (megabasi); si basa sul processo di ibridazione in situ su cromosomi metafasici non marcati di soggetto sano. Il Control DNA e il Test DNA vengono ibridati contemporaneamente ed in quantità equimolari.

Preparazione dei campioni di DNA
Per prima cosa bisogna marcare i due tipi di DNA con fluorocromi diversi, in maniera tale da poterli distinguere:

Test DNA:  biotina marcata con FITC cioè fluoresceina, color verde
Control DNA: digossigenina marcata con Texas RED, color rosso

Si mescolano in un’unica miscela di reazione a cui viene aggiunto del DNA Cot-1, un Dna altamente ripetitivo con lo scopo di saturare le sequenze ripetitive presenti in entrambi i DNA genomici utilizzati: in questo modo si evitano colorazioni aspecifiche dovute al legame tra le sequenze altamente ripetute dei genomi a quelle dei metafisici.
La fase successiva consiste nel denaturare tutto il DNA presente nella miscela di reazione.

Preparazione piastra metafasica
Si utilizza un vetrino diviso in 6-8 pozzetti; all’interno di ogni pozzetto si caricano e si FISSANO un certo numero di copie di 3 cromosomi diversi, in metafase e non marcati.
Fatto ciò si denaturano i cromosomi della piastra metafisica e si carica la miscela di ibridazione, anch’essa denaturata; si lascia ibridare e poi si risciacqua per eliminare il DNA in eccesso che non si è ibridato.
Analisi del vetrino
Vengono utilizzati analizzatori d’immagine computerizzati che quantificano il segnale emesso dai due diversi fluorocromi e calcolano il rapporto di fluorescenza:

Rf = fluorescenza TestDNA (verde) / fluorescenza ControlDNA (rosso)





Risultati

Rf = 1:1 Si otterrà in corrispondenza delle zone che appaiono di colore giallo-arancio (in seguito alla sovrapposizione dei segnali verde e rosso) in cui quindi l’assetto genomico è normale

Rf = 1,5 (o maggiore):1 Si otterrà in corrispondenza delle zone in cui si ha prevalenza di color verde ed indica che si è in presenza di una duplicazione di quella regione

Rf = 0,5:1 Si otterrà nelle zone in cui si ha prevalenza del colore rosso, vuol dire che quella regione ha subito una delezione

I picchi di emissione di fluorescenza verde e rossa vengono poi comparati con un ideogramma per rendere più semplice individuare la regione in cui è presente l’anomalia.



Alternativamente anche i cromosomi metafasici possono essere marcato con un controcolorante, ad esempio con il DAPI.

VANTAGGI:
1. Si può effettuare un'analisi globale dell'intero genoma
2. Ha un'elevata sensibilità per le amplificazioni geniche
3. Ha una risoluzione alta 2-3 Mb

SVANTAGGI
1. E' una tecnica molto laboriosa
2. Non è in grado di rilevare riarrangiamenti cromosomici bilanciati come inversioni o traslocazioni
3. Non rileva alterazioni della ploidia.

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