domenica 29 marzo 2009

ESTRAZIONE RNA


Le quantità di RNA variano a seconda dei tessuti e delle cellule che prendiamo in esame, per preparare l'RNA, come per il DNA genomico, si può partire da tessuti, dalle cellule, ma raramente dai nuclei, inoltre per estrarre l'RNA dobbiamo prendere in considerazione una serie di precauzioni. Uno dei problemi principali lo danno le RNAsi che sono enzimi un pò difficili da denaturare, resistono all’ebollizione prolungata, alla sterilizzazione in autoclave; sono attive entro un ampio range di pH, e inoltre a differenza delle DNAasi non basta aggiungere composti come l'EDTA, questo perchè le RNAsi funzionano senza necessità di cofattori enzimatici, o composti come il SDS, la struttura secondaria delle RNAsi sono in grado di ripiegarsi anche dopo essere state trattate con agenti denaturanti se l'agente è rimosso. Per cui prima di rompere le cellule si devono prendere della precauzioni, come preparare la vetreria prima di effettuare l'estrazione con NaOH o DPEC (dietlipirocarbonato) potente inibitore delle RNAsi; questo composto modifica i residui di istidina, fondamentali per l’attività catalitica. Dopo aver fatto questo le cellule vengono raccolte e centrifugate, in seguito il precipitato è raccolto e inserito in una soluzione di isotiocianato di guanidino composto che contribuisce ulteriormente ad inibire le RNasi (in realtà la sua funzione non è altamente specifica per le RNAsi ma probabilmente è abbastanza potente da denaturarle), poi si aggiunge EDTA che rompe le nucleasi (ma essendo un agente chelante che lega particolarmente bene gli ioni magnesio, calcio, zinco e rame e può denaturare anche altri enzimi) sarcosyl che rompe le membrane e il 2-mercaptoetanolo che denatura le proteine rompendo i ponti disolfurici indispensabili per il mantenimento della struttura delle RNAsi. A questo punto si omogenizza il tutto, si aggiunge sodio acetato a pH 4 fenolo saturo con acqua, cloroformio e alcool isoamilico, poi si agita e si centrifuga per eliminare le restanti proteine e il DNA. In ultimo si precipita l'RNA con alcol isopropilico e si incuba a -20°C. Dopo aver fatto questo si raccoglie il tutto nuovamente in isotiocianato di guanidina. Negli ultimi passaggi si è accennato all'utilizzo di fenolo, isotiocianato di guanidina, cloroformio utilizzati per denaturare le restanti proteine, alcuni di questi composti li abbiamo già accennati nell'estrazione di DNA plasmidico, perchè vengono utilizzati come denaturanti? Bisogna considerare che quello che determina la struttura e la funzionalità di una proteina è la sua specifica sequenza amminoacidica. Gli amminoacidi interagendo tra di loro formano una particolare struttura, che permette il corretto funzionamento della proteina; ma un ruolo importante nell'ambiente cellulare lo determina anche l'acqua che fa un pò da collante nel tenere la proteina nella sua corretta struttura, (ad esempio attraverso i legami idrogeno che si formano tra le molecole d'acqua, e, le catene laterali positive dei residui amminoacidici che costituiscono l'involucro esterno della proteina). Se cambiamo l'ambiente nel quale è immersa la nostra proteina aggiungendo fenolo o isotiocianato di guanidina avremo una modifica delle forze che sono presenti normalmente nell'ambiente cellulare, perchè andremo ad aggiungere differenti forze fra fenolo e i residui amminoacidi causando la denaturazione delle proteine. La concentrazione dell'RNA che abbiamo ottenuto dall'estrazione la si può leggere tramite la densità ottica in luce UV a 260 nm, possiamo controllare la qualità dell'RNA ottenuto tramite elettroforesi in gel d'agarosio in condizioni denaturanti con formaldeide. In sostanza se si sarà svolto tutto correttamente avremo 3 bande visibili, una di 28 Svedberg di rRNA, una di 18 Svedberg sempre di rRNA e una banda un pò più diffusa di 4 Svedberg di tRNA, la banda di mRNA non sarà molto visibile perchè nella cellula ce ne sta poco, costituisce infatti il 3-4% di RNA totale. L'RNA potrà essere visualizzato con Bromuro d'etidio che intercalandosi tra le basi fa evidenziare la posizione degli acidi nucleici quando sarà irradiato con luce UV. Ovviamente il 28 S ne assorbirà di più, se la banda 28 S dovesse risultare identica al 18 S significa che le RNAsi non sono state eliminate per bene e che parte dell'RNA è stato denaturato.

venerdì 27 marzo 2009

ESTRAZIONE DNA PLASMIDICO




I plasmidi sono piccole molecole di DNA extracromosomiale che nella tecnologia del DNA ricombinante possono essere utilizzate per introdurre frammenti di DNA di nostro interesse. Per preparare i plasmidi dobbiamo utilizzare necessariamente cellule che lo contengono, in questo caso i plasmidi li possiamo ricavare dai batteri. Sostanzialmente il dna plasmidico può essere estratto attraverso tre modalità: miniprep, midiprep, maxiprep; l'unica cosa che li differenza è la quantità di DNA plasmidico estratto, ma la modalità di estrazione è la stessa. Riassumiamo una miniprep, il protocollo completo è riportato nel post sopra (le immagini sono un pò piccole ma basta cliccarci sopra per ingrandirle). I batteri vengono fatti crescere in un terreno di coltura, e poi li raccogliamo tramite centrifugazione, il precipitato ottenuto viene poi sospeso in una soluzione di GTE (glucosio tris, EDTA) contenente l'enzima lisozima che causa la rottura della membrana batterica. Per la precisione questo enzima rompe i legami glicosidici tra il NAM (ac. N-acetilmuramico) e il NAG (N-acetilglucosammina) molecole che svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella formazione del peptidoglicano, questo rende la cellula particolarmente suscettibile alla lisi, venendo a mancare una delle difese più importanti che il batterio ha a disposizione. Per provocare la lisi completa della cellula, la denaturazione delle proteine, l'idrolisi dell'RNA, si aggiungono alla sospensione SODA (carbonato di sodio), SDS, NaOH. La SODA serve a sciogliere tutto consentendo al SDS (sodio dodecil solfato) di esplicare la sua azione denaturante, intercalandosi tra i residui amminoacidici che costituiscono le proteine. E' da notare che l'aggiunta di SODA insieme ad un composto basico come NaOH o KOH provoca l'idrolisi dell'RNA ma non del DNA, questo perchè l'RNA come acido nucleico è costituito da ribonucleotidi, e a differenza dei deossiribonucleotidi che compongono il DNA, al carbonio 2 dello zucchero presenta un gruppo OH che lo rende particolarmente instabile in ambiente alcalino venendo idrolizzato in una miscela di nucleotidi 2,3-monofosfato, il DNA a differenza dell'RNA è più stabile in ambiente alcalino. A questo punto per ottenere la precipitazione di tutto quello che abbiamo denaturato e del DNA ad alto peso molecolare, si incuba il tutto a 4 gradi per 10 minuti, mediante aggiunta di potassio acetato, questo composto neutralizza il NaOH e la soluzione litica preparata precedentemente consentendo la precipitazione del DNA genomico. Si centrifuga a bassa velocità e si filtra il supernatante su garza per eliminare le proteine ed il DNA genomico. Si precipita il DNA plasmidico con alcool isopropilico, che ha la funzionalità di cambiare la costante dielettrica del mezzo quindi anche gli agganci degli OH con i ponti ad idrogeno e fa precipitare sia RNA che DNA, in parole povere l'alcool rende il DNA insolubile. Il pellet di centrifugazione si sospende in un tampone standard in TE (Tris= idrossimetilamminometano C4H11NO3; e EDTA= etilendiamminatetracetato) tampone con un pH intorno a 7,5-8,0; il Tris viene utilizzato in laboratorio per la preparazione di molti tamponi, mentre l'EDTA è un agente chelante, blocca le nucleasi che potrebbero danneggiare il DNA, distrugge l'attività catalitica di questi enzimi legando gli ioni magnesio che svolgono un ruolo estremamente importante nella funzionalità di tutti gli enzimi che svolgono attività catalitiche nei confronti del DNA; eliminandole si impedisce al DNA di nostro interesse di essere danneggiato. Al tampone si aggiungono poi CsCl, EtBr e si trasferisce tutto in una provetta per ultracentrifugazione. Si ultracentrifuga all'equilibrio e si recupera la banda del DNA plasmidico con una siringa il cui ago viene infilato lateralmente al tubo in corrispondenza della banda di DNA plasmidico che risulta fluorescente, posta tra una superiore di DNA genomico-batterico e una inferiore di RNA. Se durante la procedura il plasmide è stato danneggiato sul gradiente di cesio il plasmide avrà forma rilassata o lineare se il tutto è stato eseguito come si deve lo troveremo in forma superavvolta. A questo punto bisogna eliminare il bromuro d'etidio (EtBr) per pulire il DNA plasmidico e lo si fa mediante estrazione con alcol isoacetilico. A questo poi segue una dialisi contro TE per togliere il bromuro d'etidio e l'alcool. Si legge la soluzione in luce UV a 260 nm per misurare quanto DNA è stato ottenuto e a 280 nm per sapere se è privo di proteine. Infine possiamo verificare lo stato e la purezza del DNA estratto mediante elettroforesi in gel d'agarosio.

mercoledì 25 marzo 2009

MARCATURA TERMINALE


Un'altra metodica è la marcatura terminale che consiste nel trattare il frammento di DNA o RNA sempre con un isotopo radioattivo (ad esempio fosforo 32 o 35). La marcatura è effettuata utilizzando un enzima adibito alla rimozione di un gruppo fosfato terminale all'estremità 5' la fosfatasi alcalina. In seguito il DNA privo dei gruppi fosfato all'estremità 5' sarà fosforilato con l'isotopo radioattivo da una polinucleotide chinasi un enzima che può catalizzare il trasferimento di un gruppo fosfato all'estremità 5' contenente il gruppo OH libero che è stato defosforilato dalla fosforilasi. In questo caso viene trasferito l'isotopo γ del fosforo 32 attaccato all'ATP (il fosfato terminale ad essere trasferito).
Ricapitolando; dalla molecola del DNA ad opera della fosfatasi alcalina vengono rimossi i gruppi fosfato terminali ...

5' P_________________________________________OH 3'
3' OH_________________________________________P 5'

... portando alla formazione di una doppia elica contenente alle estremità 3' e 5' solo gruppi OH...

5' HO_________________________________________OH3'
3' HO_________________________________________OH5'

...in seguito ad opera di una DNA chinasi l'isotopo radioattivo del fosforo viene trasferito dall'ATP alla molecola di DNA, marcandola radioattivamente con l'isotopo del fosforo.

5' P______________________________________OH 3'
3' HO__________________________________________P 5'

In seguito la reazione viene bloccata innalzando la temperatura. Se invece vogliamo marcare l'estremità 3' possiamo utilizzare l'enzima Terminal transfer; questo enzima catalizza l'aggiunta di circa 20-30 nucleotidi all'estremità 3'-OH di un filamento di DNA. Come substrati di questo enzima possono essere utilizzati nucleotidi come l'ATP contenente un isotopo radioattivo.


martedì 24 marzo 2009

SOUTHERN BLOTTING



Qualche post fa abbiamo parlato delle endonucleasi di restrizione e di come questi enzimi tagliano il DNA legandosi a specifiche sequenze nucleotidiche di riconoscimento; i frammenti risultanti dai tagli possono essere esaminati attraverso l'elettroforesi sul gel d'agarosio che ci può essere di grande aiuto nell'individuare la grandezza dei frammenti ottenuti. A seconda della concentrazione del gel possiamo discriminare i frammenti di varia lunghezza arrivando addirittura a separare frammenti che differiscono anche per un solo nucleotide. In seguito il gel può essere immerso in bromuro d'etidio in modo tale da colorare il DNA una volta illuminato con luce ultravioletta. Questo tipo di risultato però lo possiamo ottenere solo con frammenti di DNA molto piccoli, infatti per frammenti di DNA più grandi non possiamo separare molecole di dimensioni simili, questo perchè se la molecola originale di DNA che abbiamo usato è molto lunga, darà origine a molti frammenti di restrizione e sul gel osserveremo un'unica grande banda diffusa, nella quale possono essere presenti frammenti di ogni grandezza.
Grazie alle tecniche di ibridizzazione, una banda corrispondente ad un determinato frammento di DNA (per esempio quello contenente un gene) può essere identificato e prelevato anche se non se ne conosce la grandezza attraverso la tecnica del southern blotting; a condizione però di conoscere almeno una parte della sequenza di nostro interesse. Vediamo dunque quali sono i passaggi attraverso i quali si esegue una southern blotting. Prima di tutto digeriamo il DNA con gli enzimi di restrizione che in seguito saranno sottoposti ad elettroforesi su gel d'agarosio che le discriminerà in base al peso molecolare; quando i frammenti saranno completamente separati per elettroforesi, il DNA può essere visualizzato immergendo il gel in bromuro d'etidio. Il gel può essere immerso anche in una soluzione di HCl 0,2 M per facilitare una blanda depurinazione (l'immersione però in HCl può essere facoltativo). Invece dopo queste fasi preparatorie il gel viene immerso in un alcale forte, molto spesso si utilizza una soluzione diluita di NaOH 0,5 M per denaturare il DNA, la funzione della base forte è quella di scindere la doppia elica in un DNA a singolo filamento, questo passagio sarà di fondamentale importanza, perchè consentirà in seguito di ibridare i frammenti di DNA con una sonda specifica. Nella tappa successiva attraverso un tampone con un pH specifico si porta il gel alla neutralità (bisogna neutralizzare l' NaOH). Il gel può essere immerso in una soluzione di SSC per creare un ambiente ad alta forza ionica. Nella tappa successiva il gel viene posto su un foglio di nitrocellulosa o di Grassettonylon dove una soluzione salina viene fatta passare attraverso il gel d'agarosio in direzione perpendicolare alla direzione elettroforetica. La soluzione salina viene estratta dal gel in vari modi:

1) elettroblotting

2) sfruttando la capillarità



3) attraverso aspirazione (blotting da vuoto). Il movimento della soluzione salina attraverso il gel permette al DNA di essere trasferito dal gel alla nitrocellulosa, la quale lega molto strettamente le molecole di DNA a singolo filamento immobilizzandole in maniera efficace sul filtro nelle identiche posizioni a quelle in cui si incontrano nel gel. Si noti che il legame tra la molecola del DNA e la nitrocellulosa sembra essere causato da una combinazione di legami ad idrogeno, interazioni idrofobiche e ponti salini. La nitrocellulosa in seguito viene asciugata, facendola disseccare in un forno a vuoto per evitare il contatto con l'ossigeno, che reagisce in maniera violenta con la nitrocellulosa distruggendola, inoltre l'essiccamento in forno a vuoto fissa maggiormente le molecole di DNA alla nitrocellulosa. Quest'ultima tappa viene definita di preibridizzazione, il foglio di nitrocellulosa viene incubato in un sacchetto con una soluzione contenente proteine (albumina serica) o un detergente come SDS 20%. La funzionalità di questa soluzione sarà quella di saturare tutti i rimanenti siti di legame per il DNA che si trovano sulla nitrocellulosa, in modo non specifico dell'altro DNA, insomma questa miscela ha lo scopo di evitando in questo modo degli appaiamenti aspecifici con il filtro stesso, la fase di preibridizzazione viene eseguita ponendo il filtro in una apposita busta sigillata nella quale viene pipettata con cautela la miscela di preibridizzazione, in seguito viene effettuato l'essiccamento ad una temperatura di 65°C per molte ore, circa 6-12. Per rilevare la presenza di una particolare molecola di DNA all'interno dello striscio elettroforetico comprendente moltissimi frammenti di DNA, nello stesso sacchetto utilizzato per la preibridizzazione viene inserita la miscela per la ibridizzazione contenente una soluzione con la sonda specifica. Una sonda è di solito una molecola di DNA a singolo filamento di sequenza definita, che è stata marcata con un isotopo radioattivo (come il P32) o con qualche altro marcatore facilmente rilevabile con metodiche tipo autoradiografia. Ovviamente la sequenza nucleotidica sarà complementare al frammento di DNA che stiamo cercando, la sonda di DNA a singolo filamento si appaierà a quello del DNA bersaglio formando una duplex ibrido, che marcherà il dna bersaglio rendendolo riconoscibile e rilevandone la posizione sul foglio di nitrocellulosa. La preparazione della sonda viene effettuata con la metodica della nick translation.
Bisogna tenere conto di alcuni fattori quando si utilizzano i filtri di nylon o di nitrocellulosa:
FILTRO DI NYLON: il legame degli acidi nucleici al filtro avviene tramite legami covalenti ed è duraturo. In genere il fissaggio viene eseguito a 70°C, in stufa o con alcali deboli, o utilizzando i raggi UV.
FILTRO DI NITROCELLULOSA: il filtro dopo essiccamento è fragile e non sopporta molti cicli di lavaggio e ibridazione.

RANDOM PRIMER


Il random primer è un'altra tecnica per la marcatura del DNA, consiste nel denaturare il DNA in singole eliche tramite bollitura e poi raffreddarlo rapidamente in ghiaccio. Primer di circa 6-8 nucleotidi vengono inseriti casualmente nel DNA. Ovviamente si andranno ad appaiare a sequenze complementari di DNA e questo avverrà in molte posizioni perchè saranno presenti tutti i tipi di nucleotidi. I primer saranno in seguito allungate dalla polimerasi di Klenow (DNA pol I priva dell'attività esonucleasica 5'-3') per evitare che gli stessi primer possano essere distrutti dalla stessa polimerasi. I primer sono dNTP marcati sempre con un isotopo radioattivo in genere con l'isotopo 32 o 35 del fosforo. A differenza della nick traslation questa tecnica può essere usata solo partendo da pochi residui nucleotidici di DNA. (per vedere meglio l'immagine cliccateci sopra che si ingrandisce)


lunedì 23 marzo 2009

NICK TRANSLATION


Con il termine sonda intendiamo un frammento di DNA o RNA che viene sintetizzato utilizzando alcuni isotopi radioattivi, ad esempio sintetizzando chimicamente deossiribonucleotidi contenenti isotopi del fosforo (isotopi 32 o 35). Le modalità attraverso le quali possiamo marcare con una sonda il DNA sono varie; abbiamo la marcatura terminale 5' che viene effettuata utilizzando una polinucleotidche chinasi, marcatura terminale 3' effettuata utilizzando la terminal transferasi, e il random primer. Oggi parliamo della nick traslation, con questa tecnica possiamo marcare il DNA in tutta la sua lunghezza, a tale scopo possiamo sfruttare enzimi come la DNAsi I (endonucleasi) e la DNA pol I, il processo può essere descritto semplicemente suddividendolo in due stadi:

I) Nella prima parte la DNAsi I causa una rottura interna alla molecola di DNA da marcare rompendo i legami 3'-5' fosfodiesterico e quindi causando una interruzione (nick)

II) In seguito si aggiunge alla miscela di reazione la DNA pol I con i dNTP (deossinucleosidi trifosfati) marcati con l'isotopo radioattivo del fosforo (32 o 35). La DNA pol I contenente attività esonucleasica 5'-3' rimuove tutte le basi nucleotidiche non marcate sostituendole con i deossinucleotidi contenenti gli isotopi radioattivi. Il risultato finale sarà una doppia elica marcata con una elevata % di isotopi radioattivi.
Se vogliamo fermare la reazione lo possiamo fare aggiungendo TE + SDS (tris EDTA= Etilendiammina tetracetato) che causa la denaturazione della miscela enzimatica. Qui di seguito è presente un link che vi mostra come avviene la la marcatura del DNA con questo metodo, basta cliccare avanti per vedere i vari passaggi del processo.

domenica 22 marzo 2009

ENZIMI DI RESTRIZIONE





La tecnologia del DNA ricombinante ha svolto un ruolo di fondamentale importanza nel permettere un rapido sviluppo delle conoscenze su come avveniva l'espressione genica, la sua importanza sta nell'utilizzare enzimi che ci permettono di modificare il DNA in provetta. Gli enzimi che si possono sfruttare sono gli stessi che si trovano nelle cellule viventi e che partecipano a molti processi a carico del DNA.
DNA POLIMERASI: enzimi che partecipano ai processi della replicazione del DNA.
NUCLEASI: enzimi in grado di degradare il DNA rompendo i legami fosfodiesterici tra residui nucleotidici adiacenti.
LIGASI: enzimi capaci di legare, attraverso legami fosfodiesterici, estremità di molecole di DNA o porzioni interne di DNA dove sono presenti delle interruzioni.

Oggi parliamo degli enzimi di restrizione (nucleasi), per la precisione parleremo delle endonucleasi di restrizione, che svolgono un ruolo importante in tutti gli aspetti della tecnologia del dna ricombinante, la funzionalità di questi enzimi, ad esempio nei procarioti, è di proteggere la cellula dall'ingresso di materiale genetico estraneo, come quando la cellula procariotica è infettata da un virus batterico (batteriofago), se questi particolari enzimi riconoscono l'acido nucleico estraneo lo degradano. Le endonucleasi di restrizione come accennato prima sono in grado di rompere i legami fosfodiesterici tra due residui nucleotidici adiacenti idrolizzandoli, lo fanno riconoscendo specifiche sequenze di nucleotidiche ed effettuando tagli sulla doppia elica. Possiamo distinguere almeno tre tipi di nucleasi di restrizione definite anche di tipo I-II-III. Gli enzimi I e III non vengono utilizzati come gli enzimi di classe II perchè possono effettuare tagli anche a parecchie coppie di basi dal sito di riconoscimento, quindi non risultano molto utili essendo poco specifici nel taglio, di conseguenza non è possibile conoscere con certezza la posizione del taglio e le frequenze dei tagli. Gli enzimi di classe II sono molto più specifici tagliando proprio sulla specifica sequenza di riconoscimento o comunque molto vicina ad essa, essendo molto specifiche nel taglio generano una serie di frammenti la cui sequenza può essere predetta se si conosce la sequenza iniziale. Nella foto abbiamo un classico esempio di nucleasi di restrizione EcoRI (enzima isolato dall'E.Coli), questo enzima taglia il DNA solo ed esclusivamente sulla sequenza di sei nucleotidi 5'-GAATTC-3'; la quantità di segmenti di DNA che si possono ricavare utilizzando questi enzimi dipende da quante volte la sequenza di riconoscimento è presente nel DNA. Alcuni di questi enzimi possono tagliare il doppio filamento in due modi diversi, in posizione simmetrica (vedere nell'immagine AluI) portando alla formazione di estremità definite non coesive o piatte, altri tagliano il doppio filamento in maniera asimmetrica portando alla formazione di estremità definite coesive in quanto il taglio eseguito dall'enzima è sfalsato (vd. EcoRI o BamHI), lasciando le estremità 5' più lunghe di quelle 3'. Gli enzimi che portano alla formazione di questi tagli sono molto utili in quanto i filamenti sfalsati possono permettere l'inserimento di frammenti di DNA a doppio filamento che presentano estremità coesive complementari a quelle ottenute con gli enzimi di restrizione. Nel filmato preso da you tube (scusate è in inglese) potete vedere un esempio di quanto detto nelle ultime righe, argomento che comunque approfondiremo a breve.



E' possibile calcolare la lunghezza media dei frammenti prodotti da ogni enzima di restrizione e poi utilizzare questa informazione per stimare in maniera approssimativa il numero e la distribuzione dei siti di restrizione presenti nel genoma di nostro interesse. Per poter effettuare queste analisi partiamo da due assunzioni semplici: 1) ognuna delle 4 basi è presente nelle stesse proporzioni, come se il genoma fosse formato da 25% A, 25%T, 25% C, 25% G; 2) le basi sono distribuite in modo casuale lungo il DNA. Anche se queste assunzioni non sono sempre valide ci permettono di determinare la distanza media tra i siti di restrizione di qualunque lunghezza, usando la formula generale 4^n dove n è il numero di basi del sito. A sua volta il numero delle basi del sito può condizionare la lunghezza dei frammenti di restrizione, infatti secondo la formula 4^n, enzimi come RsaI, che riconosce la sequenza di 4 basi GTAC, taglia all'incirca una volta ogni 4^4, cioè 256 coppie di basi creando frammenti lunghi 256bp. In confronto l'enzima EcoRI, per un determinato perido di tempo, che riconosce la sequenza di 6 coppie di basi GAATTC, taglierà in media ogni 4^6, cioè 4096 coppie di basi dato che 1000 coppie di basi = 1 kilobase. Ora esponendo il DNA all'enzima per un tempo sufficientemente lungo si dà la possibilità di digerire estesamente il DNA. Il risultato è una digestione completa dove il DNA è tagliato al livello di tutti i siti possibili. Ma che succede se invece i ricercatori hanno di frammenti di 20 kb? La risposta è una digestione parziale che si ottiene dosando la quantità di enzima o il tempo in cui il DNA è esposto all'enzima stesso. Per esempio se andiamo a sottoporre il DNA a digestione con EcoRI, per un determinato periodo di tempo, permettendogli di tagliare all'incirca un sito di restrizione su 5, si producono frammenti lunghi in media 20kb. Insomma più lungo è il tempo di digestione maggiore sarà la percentuale dei siti di restrizione digeriti. Abbiamo accennato che l'enzima di restrizione RsaI che riconosce una sequenza di 4bp, taglia il genoma più o meno ogni 256 bp. Se per esempio esponessimo il genoma umano con le sue circa 3 miliardi di coppie di basi, a RsaI per un tempo sufficiente e in appropriate condizioni, potremmo stare certi che tutti i siti di restrizione saranno tagliati e otterremo: 3.000.000.000bp/256bp= all'incira 12.000.000bp (una media di 256bp). In confronto, EcoRI, il cui sito di restrizione è lungo 6bp taglia il DNA più o meno ogni 4096 bp. Se esponessimo chiaramente più lungo è il sito di riconoscimento di quell'enzima e minore sarà il numero di frammenti di restrizione ottenuti. Dopo aver ottenuto i frammenti li possiamo distinguere l'uno dall'altro in base al peso molecolare grazie all'elettroforesi su gel d'agarosio.

sabato 21 marzo 2009

IL DNA




Il DNA è il depositario molecolare dell'informazione genetica, informazione che contenuta sottoforma di specifiche sequenze nucleotidiche in segmenti di DNA che siamo soliti chiamare geni, permette la sintesi di proteine e di RNA, che a loro volta sono molecole di fondamentale importanza per la sopravvivenza e il corretto funzionamento delle cellule. Il DNA, o la doppia elica come viene comunemente chiamato, è una grossa macromolecola i cui mattoni costituenti sono i nucleotidi che interagendo tra loro attraverso particolari legami, formano due catene elicoidali avvolte attorno ad un asse immaginario creando così una doppia elica rigida destrorsa. Nella parte interna ritroviamo le basi azotate che attraverso legami idrogeno legano le due catene polinucleotidiche, mentre la porzione esterna è costituita dai deossiribonucleotidi con i gruppi fosfato carichi negativamente che interagiscono con l'ambiente cellulare circostante. Le basi azotate che si trovano all'interno della struttura sono letteralmente impilate le une sulle altre (cioè sovrapposte come una pila di monete); ed è proprio l'impilamento e la particolare complemantarietà delle basi azotate a permettere l'esistenza del DNA.







L'appaiamento tra le basi infatti è altamente specifico; ogni base azotata presente su una catena è appaiata sullo stesso piano con una base dell'altra catena: l'adenina è legata sempre ad una timina, la guanina è legata sempre ad una citosina, di conseguenza l'appaiamento vede sempre una purina legarsi con una pirimidina. Grazie a questo appaiamento specifico conoscendo le basi nucleotidiche presenti su un filamento è possibile conoscere anche le basi presenti sul filamento opposto dal momento che sono complementari le une alle altre. Le coppie di basi distano 0,34 nm, con 10,5 coppie di basi per ogni giro dell'elica (360°) della doppia elica. Lo scheletro zucchero-fosfato dei due filamenti complementari è orientato in maniera antiparallela, quindi i due filamenti hanno anche una polarità chimica opposta. Nella stessa direzione, lungo la doppia elica del DNA, in un filamento i legami fosfodiesterici vanno dal carbonio 3' di un nucleotide al carbonio 5' di quello adiacente, mentre il filamento complementare va dal carbonio 5' a quello 3'. Questa complementarità come vedremo in seguito ha un ruolo di fondamentale importanza nei processi di replicazione, trascrizione, ricombinazione.
Due sono le interazioni chimiche che determinano la corretta stabilità del DNA:
1)APPAIAMENTO DELLE BASI: tra i due filamenti assistiamo alla formazione di legami idrogeno, legami chimici che si esercitano tra un atomo elettronegativo (ossigeno, azoto) e un atomo di idrogeno legato ad un altro atomo elettronegativo (nell'immagine sopra si possono vedere le basi adenina e timina legate tra di loro da un atomo di ossigeno ed un idrogeno, e da un atomo di idrogeno ed uno di azoto). I legami a idrogeno come accennato prima, essendo più deboli dei covalenti, questo fa si che possano essere rotti e riavvicinati facilmente permettendo a tutti quegli enzimi che svolgono dei ruoli a carico del DNA di poter aprire e chiudere come una cerniera la doppia elica, come nel caso della replicazione del DNA. Inoltre tra le basi azotate si formano anche un numero diverso di legami idrogeno che in parte influenza la stabilità della doppia elica. Tra una adenina ed una timina assistiamo alla formazione di due legami idrogeno mentre tra una guanina e una citosina vi sono tre legami idrogeno. Ne consegue che una molecola di DNA che contiene una percentuale maggiore in guanina e citosina risulta essere nel suo insieme più stabile. Inoltre non è una semplice coincidenza che le regioni del DNA ricche in adenina-timina siano regioni che svolgono un ruolo importante durante i processi replicativi, infatti le ritroviamo in regioni a monte dei geni definiti promotori, che permettono lo svolgimento della doppia elica proprio nelle sequenze promotrici ricche in A-T (basti citare la prinbow box procariotica che analizzeremo in seguito). Inoltre gli appaiamenti di basi che abbiamo accennato poc'anzi adenina con timina, guanina con citosina sono gli unici appaiamenti possibili per offrire al DNA uno specifico diametro e stabilità strutturale. Altri tipi di combinazioni del tipo pirimidina-pirimidina o purina-purina sono pure possibili ma non darebbero le stesse combinazioni di legami idrogeno e non riuscirebbero ad entrare le giusto diametro dell'elica.
2) IMPILAMENTO DELLE BASI: insieme ai legami idrogeno rappresenta il secondo tipo di forze che rendono la molecola di DNA stabile. L'impilamento è un vero e proprio legame non covalente che si instaura tra le basi azotate (che ricordiamolo sono composti aromatici). Nel sovrapporsi le une sulle altre come una pila di monete gli elettroni dei legami pi greco vengono parzialmente distribuiti tra le basi azotate presenti al di sotto e al di sopra nella struttura. Inquesto modo una volta che i filamenti sono appaiati la stabilità della doppia elica viene aumentata ulteriormente.
I nucleotidi che costituiscono il DNA non riempono completamente il cilindro immaginario dell'elica ma formano degli spazi vuoti noti come solco maggiore e solco minore, che costituiscono dei siti in corrispondenza dei quali le molecole di DNA interagiscono con proteine o farmaci. Inoltre bisogna ricordare che appaiamento e impilamento sono importanti non solo per la stabilità strutturale della doppia elica ma anche dal punto di vista biologico, perchè ci danno importanti informazioni su come la struttura viene replicata (e di conseguenza come l'informazione genetica venga trasmessa alle generazioni successive). Il fatto che vi debba essere un determinato tipo di combinazione tra le basi azotate (adenina con timina e citosina con guanina) è indicativa del fatto che la replicazione del DNA potrà generare solo ed esclusivamente copie perfette della molecola parentale, utilizzando i due filamenti come stampo per la sintesi di nuove molecole di DNA (ovviamente sempre che la replicazione vada a buon fine). Vedremo in seguito come questo processo sarà utilizzato dagli enzimi DNA polimerasi durante la replicazione del DNA e dalle loro controparti le RNA polimerasi durante i processi della trascrizione.

IL DNA A E IL DNA Z


Si ritiene che il DNA delle cellule sia presente principalmente nella forma B (DNA B), in realtà è stato scoperto che le molecole di DNA contenute nelle cellule non sono tutte uniformi in struttura, di conseguenza le caratteristiche conformazionali della doppia elica possono differire da quelle descritte nella forma B del DNA. La presenza di diverse conformazioni è dovuto al fatto che i residui nucleotidici hanno una certa flessibilità strutturale il che permette il crearsi di forme leggermente diverse. Le variazioni che si verificano ovviamente non alterano le proprietà che caratterizzano la molecola del DNA, quali complementarietà tra le catene, la struttura antiparallela e l'appaiamento della basi. Quindi l'adenina si appaia sempre con la timina e la guanina sempre con la citosina. Sono state rilevate varie varianti della molecola di DNA tra cui le più famose, sono le forme definite DNA A e DNA Z. La forma Z (vd immagine sopra l'ultima a destra) è caratterizzata dall'avere una struttura radicalmente diversa dalla forma B, la prima differenza più evidente è la rotazione in senso sinistrorso; inoltre invece di 10,5 vi sono circa 12 coppie di basi per ogni giro dell'elica, la struttura appare molto sottile e allungata, inoltre il solco maggiore è appena accennato con la scalanatura minore molto stretta e profonda. Lo scheletro covalente assume per finire un andamento a zig-zag da cui deriva il nome DNA Z. E' stato dimostrato che alcune sequenze nucleotidiche si ripiegano nella forma Z molto più facilmente di altre, in particolare sequenze che contengono un'alternanza di guanina e citosina oppure di 5-metilcitosina e guanina. Come abbiamo accennato prima, i nucleotidi possiedono una certa flessibilità strutturale, questo è dovuto anche a costrizioni di tipo sterico; infatti per le basi puriniche nei nucleotidi sono permesse solo due conformazioni definite sin e anti rispetto alle molecole di ribosio a cui sono legate. Le pirimidine, invece, come la citosina e la timina sono presenti, in genere, nella conformazione anti a causa di interferenze di tipo sterico tra l'atomo di ossigeno del ribosio e l'ossigeno carbonilico della base azotata. Le sequenze nucleotidiche che presentano un elevata alternanza di citosina e guanina si ripiegano più facilmente nella forma Z, con i residui di purina proprio perchè devono saltare dalla forma sin alternandosi con i residui di pirimidina nella forma anti.



La forma A del DNA invece è favorita in soluzioni povere d'acqua, ha sempre una struttura elicoidale destrorsa, ma ha un diametro più largo rispetto alla doppia elica del DNA B e il numero di coppie di basi per giro dell'elica è di 11 e non 10,5 come osservato nella forma B. Inoltre il piano delle coppie di basi è inclinato di 20° rispetto all'asse dell'elica, ne consegue che la scalanatura maggiore risulta più profonda e la scalanatura minore meno profonda. I legami glicosidici inoltre sono di tipo anti ma l'unità di deossiribosio assume una struttura differente. Infatti nel DNA A il C-2' è fuori dal piano (anti) formato da altri quattro atomi dell'anello furanosico e viene detto C-2' ENDO. Nel DNA B è il C-3' ad essere fuori dal piano. La disposizione C-3' ENDO fa assumere alla coppia di basi un angolo di 19° rispetto alla perpendicolare dell'elica.







giovedì 19 marzo 2009

I NUCLEOTIDI




I nucleotidi sono molecole di fondamentale importanza, nelle cellule svolgono un ampio spettro di ruoli, ad esempio possono fungere da cofattori enzimatici, come moneta energetica nel metabolismo cellulare basti pensare all' ATP (adenosina trifosfato); e sono i costituenti degli acidi nucleici DNA e RNA (acido deossiribonucleico e acido ribonucleico rispettivamente). Un nucleotide è costituito da tre componenti principali: una base azotata, uno zucchero (ribosio nel caso dell'RNA o deossiribosio nel caso del DNA) ed uno o più gruppi fosfato. Le basi azotate sono divise in due tipi, basi pirimidiniche; molecole aromatiche a singolo anello (citosina, uracile, timina) e basi puriniche; molecole aromatiche a doppio anello(adenina e guanina). Queste basi azotate sono le basi presenti in misura maggiore negli acidi nucleici; la citosina si trova sia nel DNA che nell'RNA, la timina è presente nel DNA ma la possiamo trovare anche in alcuni tipi di RNA ad esempio nei tRNA mentre l'uracile lo ritroviamo esclusivamente all'interno degli RNA. Oltre a queste cinque basi che sono le più comuni, in alcuni RNA come i transfer ma non esclusivamente in essi, troviamo delle basi azotate con delle strutture leggermente differenti: l'ipoxantina ( è una adenina deamminata; al posto del gruppo amminico presenta un gruppo chetonico), 5-metilcitosina ( come la citosina ma al carbonio 5 possiede un gruppo metilico CH3) 5,6-diidrouracile ( come l'uracile ma senza il doppio legame tra il carbonio 5 e 6) e l'N6-dimetiladenina ( come l'adenina, ma legati all'atomo di azoto al carbonio 6 troviamo due gruppi metilici).


Abbiamo detto che un nucleotide è costituito da tre componenti le basi azotate uno zucchero ed uno o più gruppi fosfato. Si definisce nucleoside quando sono legati tra di loro solo una base azotata e uno zucchero, ribosio o deossiribosio (quest'ultimo differisce dal ribosio per l'assenza del gruppo -OH al C-2 dello zucchero. ATTENZIONE: nell'immagine è presentato un ribosio come zucchero) senza la presenza di gruppi fosfato. Il legame covalente che si crea tra la base azotata e lo zucchero è chiamato legame beta-N-glicosidico. Se lo zucchero è un ribosio allora il composto che ne deriva è un ribonucleoside, quando lo zucchero è il deossiribosio, il composto risultante sarà un deossiribonucleoside. Il legame glicosidico che si forma avviene tra il carbonio 1 dello zucchero ribosio o deossiribosio e l'azoto N-9 delle purine o l'azoto N-1 delle pirimidine


Quando l'acido fosforico è legato ad uno dei gruppi ossidrilici dello zucchero di un nucleoside, si viene a formare un nucleotide. Un nucleotide è definito dal nome del nucleoside originario con l'aggiunta del suffisso monofosfato, difosfato o trifosfato a seconda del numero di gruppi fosfato che si associano al nucleoside. La polimerizzazione dei nucleotidi da luogo agli acidi nucleici, il legame che permette a due nucleotidi di unirsi è denominato legame fosfoestereo, in una catena polinucleotidica i gruppi ossidrilici coinvolti nel legame sono legati al carbonio 5' e 3' di due residui nucleotidici adiacenti. Questo legame fosfodiesterico che si ripete lungo tutta la catena polinucleotidica è detto 3',5'-fosfodiesterico. Nel numerare una catena di acido nucleico si parte sempre dall'estremità 5' che termina con un gruppo fosfato libero all'estremità 3' che termina con un gruppo ossidrilico libero. La specifica combinazione dei nucleotidi determina l'informazione genetica, con la quale le cellule costruiscono quelle strutture molecolari chiamate proteine, attraverso le quali l'informazione genetica diventa un qualcosa di concreto


giovedì 5 marzo 2009

ELETTROFORESI SU GEL DI POLIACRILAMMIDE




Il supporto utilizzato in questo tipo di elettroforesi è verticale. Per formare questo gel abbiamo bisogno dei composti acrilammide e bisacrilammide, quest'ultimi essendo monomeri vengono polimerizzati mediante la formazione di legami crociati. Tale polimerizzazione viene indotta dalla formazione di radicali liberi generati dalla decomposizione chimica dell'AMMONIO PERSOLFATO oppure dalla decomposizione della RIBOFLAVINA in presenza di tracce di ossigeno. In entrambi i casi di solito viene aggiunto alla miscela necessaria alla formazione del gel il composto N',N',N',N'-TETRAMETILENDIAMMINA (TEMED), uno stabilizzatore di radicali liberi. Le proprietà fisiche del gel e le dimensioni dei pori reticolati che si vengono a formare durante la preparazione, dipendono dalla proporzione di poliacrilammide nel gel e dal grado di formazione dei legami crociati (più acrilammide ci sta più piccolo sarà il diametro del poro e delle maglie del gel).La prima parte del gel è in genere un pò più compatta ed è detta STAKING GEL; in essa il campione è compattato, schiacciato per avere bande più risolute; nella parte sottostante dove avviene la separazione elettroforetica, il campione arriva più compresso. Tale regione è detta SEPARATING GEL. E' da notare che l'aggiunta di SDS ed altri detergenti, urea, acido acetico, TRITON ecc... come descriveremo in seguito consentono di effettuare una elettroforesi in condizioni denaturanti. Ricordiamo che la poliacrilammide viene usata per separare proteine e piccoli acidi nucleici.

mercoledì 4 marzo 2009

ELETTROFORESI SU GEL DI AGAROSIO





L'agarosio è un polisaccaride estratto dalle alghe. Quando viene comprato è una polvere che viene sciolta se riscaldata, in quanto a temperatura ambiente non si scioglie. Il supporto del gel è uno stampo che può essere comprato o può essere fatto semplicemente con una lastra di vetro mettendo intorno ad essa una pellicola resistente ad alte temperature perchè appena versato l'agarosio sarà bollente. Dopo aver sciolto l'agarosio lo si fa raffreddare fino ad una temperatura di circa 45 gradi centigradi prima di versarlo sullo stampo. Inoltre sullo stampo si mette un pettine perchè una volta versato l'agarosio lo si lascia raffreddare in modo che il pettine porti alla formazione dei pozzetti in cui inserire il preparato. In seguito si aggiunge il composto BROMURO D'ETIDIO una sostanza che intercalandosi tra il DNA lo rende fluorescente una volta che sarà irradiato con luce UV. Dopo aver preparato il supporto di agarosio, lo si immette in una vaschetta contenente il tampone che sommergerà tutto il gel. La vaschetta viene collegata ad un voltmetro, siccome il DNA è acido sarà caricato sul catodo e quindi migrerà verso l'anodo. La velocità di migrazione dipenderà dalla grandezza della molecola (frammenti piccoli migrano più velocemente, quelli grandi più lentamente). Per vedere quanto è lungo il frammento di DNA, si pongono nel gel dei marcatori di lunghezza nota in modo tale da poter risalire alla lunghezza della molecola.

martedì 3 marzo 2009

ELETTROFORESI

ELETTROFORESI
Con l'elettroforesi è possibile separare in modo preciso e rapido molecole di diversa dimensionalità (piccole molecole proteiche, grandi acidi nucleici, piccoli acidi nucleici e grandi proteine). L'elettroforesi non viene effettuata soltanto in un campo elettrico ma anche in presenza di un tampone ad uno specifico pH, che determinerà la carica delle molecole che si vogliono separare. Fondamentalmente il processo elettroforetico è determinato da 4 fattori: