domenica 27 dicembre 2009

Sintomi di Aterosclerosi in mummie di oltre 3500 anni fa




Anche gli antichi egizi soffrivano di cuore. Indizi di calcificazione vascolare e aterosclerosi, due delle maggiori cause di malattie cardiache, sono state riscontrate in mummie di oltre 3500 anni fa da un'equipe di medici del Mid America Hearth Institute (Kansas City, USA). Non si può più parlare, quindi, di malattie esclusive dell'uomo moderno: le patologie cardiovascolari potrebbero invece essere ancora più antiche delle piramidi. I risultati di questo studio sono stati presentati al Meeting annuale dell'America Heart Association e pubblicati sul Journal of the America Medical Association.


La ricerca, guidata dal professor Randall C. Thompson in collaborazione con egittologi, esperti di conservazione di reperti antichi e analisti di immgini, è stata condotta su 22 mummie datate dal 1981 a.C. al 364 d.C. e custodite al museo di antichità egiziane del Cairo. Dei corpi studiati, 14 appartenevano a persone di alto lignaggio, tra cui quello di Rai, la dama di compagnia della regina Nefertari. Tutte le mummie, sono state sottoposte a Tomografia computerizzata a Raggi X, per avere una visione tridimensionale di alcune sezioni di tessuto. Dalle indagini, è risultato che l'aterosclerosi era presente in nove dei corpi studiati, ed era più frequente in quelle persone morte oltre i 45 anni di età; è stato riscontrato anche un caso di base cardiaca calcificata, un sintomo di solito associato all'infarto. La mummia più antica nella quale sono stati riscontrati sintomi simili, risale al 1530-1570 a.C.

"Non possiamo dire se l’aterosclerosi sia stata la causa della morte di queste persone", spiega Samuel Wann, uno degli autori della ricerca. Certo è che lo studio mette in discussione alcune presunte certezze contemporanee. "Abbiamo sempre pensato - continua Wann - che l'aterosclerosi fosse una malattia da 'McDonald’s', provocata da uno stile di vita tipico dei nostri giorni, e che le persone vissute tre o quattromila anni fa fossero meno a rischio nonostante una dieta ricca di proteine e sale: non fumavano, facevano esercizio fisico e non mangiavano cibi grassi". Questi ultimi studi sembrano invece raccontare una storia diversa.


martedì 15 dicembre 2009

Cannabinoidi responsabili dell'infertilità maschile



Gia da tempo si parla dei vari effetti che le sostanze cannabinoidi, principali costituenti della marijuana (fitocannabinoidi), possono avere sull'organismo (FARMACI CANNABINOIDI: un nemico o una risorsa?). Attualmente non è più solo un sospetto che l'abuso di tali sostanze sia coinvolto nell'infertilità maschile, conferma avuta dagli studi effettuati dai ricercatori del Cnr, in particolare l'istituto di chimica biomolecolare, l'istituto di cibernetica, l'istituto di biochimica delle proteine e dell'università degli studi di Roma Tor Vergata. Lo studio chiamato (endocannabinoid system and pivotal role of the CB2 receptor in mouse spermatogenesis) apre nuove prospettive sulla comprensione dei fenomeni di azospermia e oligospermia (diminuzione o assenza totale di spermatozoi) particolarmente in pazienti con normale assetto cromosomico. Tale studio ha infatti dimostrato che nei topi, il sistema endocannabinoide, dove agisce anche la marijuana, è coinvolto nel meccanismo della spermatogenesi. Secondo le più recenti statistiche, sarebbero il 15% le coppie con problemi legati alla fertilità, per il 40% attribuibili a oligospermia o azospermia. Le cause principali possono ricondursi ad origine genetica o malformazioni occlusive o che sfuggono alla classificazione. Una delle cause dell'oligospermia ad esempio potrebbe essere riconducibile al non corretto funzionamento del sistema endocannabinoide, di cui anche la cannabis potrebbe interferire. Si è osservato a tale proposito, che le cellule germinali possiedono recettori del sistema endocanabinoide, e in particolare il recettore CB2 è coinvolto nel meccanismo meiotico mediante il quale da ogni spermatocita primario (con assetto cromosomico 46 XY) si ottengono quattro spermatidi, due con assetto cromosomico 23X e due 23Y i quali daranno origine nel proseguirsi della spermigenesi agli spermatozoi maturi. In parallelo con questo studio, ricerche farmacologiche prevedono un trattamento in vivo con farmaci agonisti o antagonisti dei recettori CB2 ed inibitori della formazione o degradazione del sistema endocannabinoide che potrebbero modulare il funzionamento di tale sistema. Infine, conclude il ricercatore Vincenzo Di Marzo che ha collaborato in questo progetto, l'introduzione della fecondazione medicalmente assistita, se ha risolto gran parte dei casi di infertilità maschile, ha anche portato nella prole un aumento sia di trasmissione genetica dell'infertilità, sia una maggiore incidenza di anomalie cromosomiche, in particolare quelle da difetto di Imprinting (meccanismo coinvolto nella regolazione dell'espressione genica a vari livelli) e quindi varie sindromi rare come la sindrome di Angelman o la sindrome di Prader Willi.

sabato 5 dicembre 2009

CHE COSA SONO I GENI MARKER?




I geni marker sono usati per identificare e/o selezionare specifici organismi, la loro progenie o una parte di una popolazione cellulare tra migliaia di cellule presenti in una coltura. Attraverso il legame fisico del gene di interesse al gene marker, è possibile riconoscere e isolare l’organismo trasformato.
L’uso del gene marker è una pratica comunemente usata in microbiologia da molti anni. Questo concetto è stato esteso, poi, anche all’ingegneria genetica applicata alle piante. Oltre ai geni per la resistenza all’antibiotico, possono essere usati, per la selezione delle cellule vegetali trasformate, i geni per la tolleranza ad erbicidi, i geni che codificano per tratti metabolici e, infine, i geni reporter.
I geni per la resistenza all’antibiotico usati come marker per le piante geneticamente modificate (PGM) sollevano diverse preoccupazioni nel consumatore, in particolare per l’eventuale trasferimento genico orizzontale di questi geni dal materiale vegetale GM ai microrganismi presenti nella microflora del tratto digerente, che indurrebbe in questi ultimi un aumento del livello di resistenza verso tali antibiotici. Ciò potrebbe rappresentare un rischio per la salute umana ed animale, in quanto comprometterebbe il valore terapeutico degli antibiotici nel trattamento di determinate patologie. Questa preoccupazione è alimentata anche dal fatto che l’uso intenso di antibiotici in medicina umana e veterinaria (in questo ultimo caso anche come promotori di crescita) ha già determinato un aumento dell’antibiotico resistenza nella popolazione microbica (van den Eede et al., 2004). Sulla base dell’importanza nell’uso terapeutico dell’antibiotico corrispondente e della diffusione del gene di resistenza all’antibiotico nei batteri del suolo ed in quelli del tratto digerente, è stato possibile suddividere i geni marker in tre gruppi (van den Eede et al., 2004).


domenica 15 novembre 2009

Energia meccanica prodotta da batteri grazie a nano-rotelle


Sfruttare il moto caotico dei batteri per produrre energia meccanica? Ora è possibile grazie a delle paricolari nano-rotelle. Già dal 2006 alcuni scienzati giapponesi arrivarono alla conclusione che questo era possibile, ora questa semplice curiosità scientifica, è una realtà resa possibile grazie al lavoro coordinato da Giancarlo Ruocco, direttore del dipartimento di Fisica dell'università La Sapienza di Roma e dei ricercatori dell'istituto nazionale della fisica della materia. Questo particolarissimo motore, è costituito oltre che dai microrganismi, anche da una soluzione in cui sono immersi, e da nano-rotelle che sfruttando il moto caotico dei batteri per produrre energia meccanica. Le difficoltà iniziali legate sopratutto alla resa finale e ai costi, sono state risolte. La soluzione sta nell'utilizzare microingranaggi asimmetrici con denti di diversa lunghezza, ma orientati nella medesima direzione. E' poi sufficiente inserirli nella soluzione contenente i batteri, perchè questi ultimi con il loro moto li facciano girare ad una velocità costante. Grazie a questa nuova tecnologia, sarà possibile disporre di una fonte energetica in scala minima, per la quale al momento non esistono generatori. Questo nuovo dispositivo potrà avere largo impiego anche in ambito medico, potrà ad esempio essere utilizzato per il movimento di fluidi nei chip per analisi biochimiche, tuttavia molte soluzioni sono ancora fantasiose ( si è calcolato ad esempio che con l'attività dei batteri contenuti in metro cubo di soluzione, si può ottenere energia sufficiente ad accendere una lampadina) ma le ambizione sono tante e quindi si può lasciare spazio a questi piccoli organismi che potrebbero farci fare grandi passi alimentando i microdispositivi del futuro.

giovedì 5 novembre 2009

SCIENZIATI SI LANCIANO NELL'IMPRESA DI SEQUENZIARE IL DNA DI 10.000 VERTEBRATI


Gli scienziati hanno una nuova ambiziosa strategia per districare la storia evolutiva degli esseri umani e dei loro "parenti" biologici. Creare un archivio genomico fatto dal DNA di circa 10.000 specie di vertebreati, il piano proposto da un consorzio internazionale di scienziati ha lo scopo di ottenere e conservare la sequenza del DNA di almeno una specie di ogni genere di mammiferi, uccelli, anfibi e pesci.

giovedì 29 ottobre 2009

Scoperto anticorpo anti-istoni che permetterebbe il blocco dell'emorragie





Da uno studio condotto presso l'Oklahoma medical research foundation (Omrf) di Oklahoma City (USA), e pubblicato su Nature Medicine, è emersa la scoperta di un anticorpo dalle proprietà "cicatrizzanti" in grado di fermare le emorragie interne. Si è infatti visto che la fuoriuscita di sangue in seguito ad una lesione sembrerebbe essere strettamente legata con le proteine istoniche associate al DNA nel nucleo cellulare. Questi istoni sono delle proteine basiche che presentano elevate quantità di aminoacidi basici come Lisina (Lys) o Arginina (Arg). La carica fortemente positiva le rende capaci di legarsi fortemente al DNA e di neutralizzare la sua carica negativa. Vi sono cinque tipi di Istoni: H1, H2A, H2B, H3, H4. Il DNA si avvolge attorno ad una struttura proteica della Nucleosoma, costituito da un ottamero di proteine, dove il DNA compie un giro e tre quarti. L'ottamero è costituito da due copie di ciascun istone H2A, H2B, H3, H4 e costituisce il "core" dell'unità di impacchettamento più elementare del DNA. Il doppio giro di DNA è poi "sigillato" dall'istone H1.

FARMACI CANNABINOIDI: un nemico o una risorsa?



È un argomento che non si tratta spesso o, se lo si fa, lo si tratta sempre con molta cautela. Stiamo parlando dei prodotti chimici della cannabis e del loro utilizzo.
Stavolta noi di Biosproject, trascurando gli aspetti legali legati all’uso di tali sostanze, vogliamo provare ad affrontare l’argomento più che altro dal punto di vista clinico-farmacologico.

sabato 24 ottobre 2009

IL CLONAGGIO DEL DNA


I genomi di animali, piante e microrganismi sono troppo grandi per essere analizzati con tecniche di laboratorio come gli enzimi di restrizione e l'elettroforesi su gel che ci forniscono un metodo per analizzare semplici molecole di DNA. Nei post precedenti abbiamo descritto come si misura la lunghezza dei frammenti di restrizione; se prendiamo ad esempio il genoma dell'Escherichia coli, costituito da circa 4200 kb, la digestione di questo genoma con l'enzima di restrizione EcoRI produrrebbe all'incirca 1000 frammenti e come abbiamo, quello umano circa 700 000 diversi frammenti. Insomma il punto è che se noi sottoponessimo questi frammenti all'analisi elettroforetica quello che osserveremmo non sarebbero delle bande distinte ma uscirebbe una strisciata (smear) difficile da interpretare. Ecco allora che per analizzare ogni frammento è necessario prima di tutto purificarli uno a uno e poi amplificarli, cioè produrre molte copie identiche di ogni singolo frammento purificato. Vi sono due tecniche che consentono di portare a termine questo compito: 1) è il clonaggio del dna con cui vengono amplificati frammenti di dna. 2) La PCR con cui si può purificare e amplificare frammenti di DNA di nostro interesse più velocemente di quanto si possa fare con il clonaggio del DNA.

Come funziona il clonaggio del DNA?
Il processo può essere suddiviso in varie tappe:

martedì 20 ottobre 2009

PRP: funziona?



Nel corrente numero della rivista scientifica Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons si torna a parlare di PRP.

Forse vi chiederete cos'è il "PRP"?

PRP sta per Platelet-rich plasma cioè letteralmente plasma ricco di piastrine.
Le pistrine sono piccoli frammenti cellulari contenute nel sangue periferico ricche di granuli. L'azione "terapeutica" del PRP risiede proprio nei numerosi fattori di crescita (growth factors) contenuti nei granuli piastrinici (vedi immagine).


Viene usato già dalla fine degli anni '90 in chirurgia maxillofacciale e in chirurgia plastica, ma di recente è cresciuto il suo utilizzo anche nella medicina dello sport.


Come funziona il PRP?

L'uso del PRP in chirurgia maxillo facciale e plastica deriva dal fatto che sembra migliorare la guarigione delle ferite e degli innesti ossei, e i recenti studi in vitro suggeriscono che migliori anche la guarigione di tendini e muscoli.
Da qui l'uso come metodo alternativo nel trattamento di alcuni comuni condizioni mediche legate alla pratica sportiva come il gomito del tennista (tennis elbow), tendinopatie della cuffia dei rotatori, il ginocchio del saltatore (Jumper's Knee) o le infiammazioni del tendine d'Achillle.

Come si prepara il PRP?

Il plasma ricco di piastrine si ottiene molto semplicemente: dopo aver effettuato un prelievo di sangue venoso del paziente, basta centrifugare la provetta a bassa velocità. Questa procedura separa le piastrine, i frammenti cellulari più leggeri, dai globuli rossi e bianchi, più pesanti. A questo punto si preleva il liquido contenuto nella porzione superiore della provetta e si ottiene un concentrato piastrinico pronto per essere iniettato nell'area danneggiata.
L'utilizzo del PRP è notevolmente aumentato negli ultimi anni proprio perchè il processo è semplice, veloce (circa 30 minuti dal prelievo di sangue all'iniezione di PRP autologo) e relativamente sicuro per il paziente. Esistono sempre rischi di infezione connessi all'iniezione e alcuni hanni pazienti hanno riportato un aumento del dolore e dell'infiammazione al sito di iniezione, ciononostante i rischi di effetti collaterali per il singolo paziente appaiono minimi.

Nonostante i dati a disposizione siano ancora scarsi, i primi risultati appaiono promettenti: sembra che il PRP migliori il processo di guarigione! Ad oggi ciò ancora non è stato dimostato, ma la buona notizia è che sono in corso un gran numero di studi che nei prossimi anni sveleranno i reali benefici del PRP.

domenica 4 ottobre 2009

CISTINOSI: novità nella lotta alla malattia.



La Cistinosi è una rara malattia autosomica recessiva. La malattia è causata da un accumulo di un amminoacido la cisteina. Gli aminoacidi sono molecole organiche che, legate insieme, formano le proteine, macromolecole di fondamentale importanza per la funzionalità dele cellule. La loro scomposizione avviene nei lisosomi. La cistinosi compare quando il sistema di trasporto della cistina fuori dai lisosomi non funziona, provocando un accumulo di cistina all’interno delle cellule dell’organismo, tutto ciò causa un cattivo funzionamento della maggior parte degli organi. I primi organi ad essere colpiti sono i reni e gli occhi, successivamente sono interessati anche tiroide, fegato, muscoli, pancreas e sistema nervoso centrale.
Ebbene da La Jolla, CA - in data 17 settembre 2009 - arriva una notizia che forse può dare una speranza su una possibile cura che un giorno potrebbe essere creata.

martedì 22 settembre 2009

DNA JUNK: scienziati scoprono che può essere estremamente utile nella terapia genica


Viene reso noto che degli scienziati dell'università di Edimburgo hanno identificato come una proteina permetta a sezioni di DNA junk (spazzatura) di essere tagliato e incollato nel codice genetico - una scoperta che potrebbe accelerare lo sviluppo di terapie geniche. Lo studio condotto da ricercatori dell'Università di Edimburgo, getta luce sul processo, noto a molti come trasposizione del DNA, in cui i geni che vengono spostati possono avere un effetto significativo sul comportamento dei geni vicini. Nel genoma umano, il riarrangiamento dei geni degli anticorpi ad esempio può attivare il sistema immunitario ad essere indirizzato più efficacemente contro un infezione.

lunedì 24 agosto 2009

PRIMA CLONAZIONE DI ANIMALE ESTINTO:


Leggendo il titolo di questo articolo ci affascina ritornare al 1993 quando veniva girato da Steven Spielberg il noto film Jurassic Park, in cui alcuni scienziati erano riusciti addirittura a riportare in vita dinosauri. In realtà quello che hanno fatto alcuni ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto per l'Agricoltura e l'Alimentazione di Madrid insieme a Jose Folch, scienziato del centro di Tecnologia Alimentare e la ricerca di Aragona, a Saragozza, è di clonare una specie di ovino estinta ; si tratta del Bucardo, un tipo di capra selvatica tipica dei Pirenei che dal 2000 è dichiarata estinta quando l’ultimo esemplare, una femmina di 13 anni chiamata Celia, fu trovata morta nel Nord della Spagna. Grazie a campioni di pelle prelevati proprio da Celia e conservati in Azoto liquido, è stato possibile clonare il primo animale estinto e riportarlo in vita.

domenica 23 agosto 2009

LO STRANO CASO DELLE CELLULE STAMINALI



La notizia che segue è ormai vecchia di un mese e mezzo, infatti è stata pubblicata su Nature il 1 luglio, (qui potete trovare la traduzione completa dell'articolo di nature gli Italiani fanno causa per le cellule staminali ). Noi di biosproject anche se con ritardo abbiamo deciso di pubblicarla ugualmente. La notizia parla di tre ricercatrici italiane, tre scienziate, che hanno citato in giudizio il governo italiano per la decisione di escludere le cellule staminali embrionali da un recente bando per il finanziamento della ricerca sulle staminali. Nella bozza originale il bando non esclude le staminali embrionali, né la legge italiana impedisce del tutto la ricerca. E a questo si appellano Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, dell’Università di Milano, e Silvia Garagna, dell’Università di Pavia.

venerdì 21 agosto 2009

MALARIA: novità per il vaccino.





La malaria è una malattia causata da un parassita chiamato Plasmodium, un protozoo, che viene trasmesso attraverso i morsi di zanzare infette. Al giorno d'oggi rappresenta la malattia più diffusa causata da parassiti. Nel corpo umano, questi parassiti si moltiplicano nel fegato, infettando i globuli rossi.
I sintomi includono febbre, mal di testa e vomito, e di solito compaiono tra i 10 ei 15 giorni dopo il morso di una zanzara infetta. Se non trattata, la malaria può degenerare diventanto estremamente pericolosa per la vita causando l'interruzione dell'afflusso di sangue agli organi vitali. In molte parti del mondo, questi parassiti hanno sviluppato resistenza ad una serie di farmaci che vengono utilizzati contro la malaria.

lunedì 17 agosto 2009

LA TECNOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE.



Lo sviluppo della tecnologia del DNA ricombinante si basa sulla modificazione del DNA in provetta utilizzando gli stessi enzimi che ritroviamo all'interno delle cellule. L'avvento di tale tecnologia fu stimolato dai risultati della ricerca biochimica, che all'inizio degli anni 70 ha fornito ai biologi molecolari gli enzimi per la manipolazione del DNA in provetta. Questi enzimi sono di solito presenti all'interno delle cellule, ad esempio le DNA polimerasi coinvolte nei processi replicativi del DNA.

sabato 1 agosto 2009

OSELTAMIVIR: MECCANISMO D'AZIONE


In attesa del vaccino per l'influenza A/H1N1, molte nazioni hanno richiesto scorte di antivirali, in particolare di Oseltamivir (nome commerciale Tamiflu) e di Zanamivir. Ma qual è il meccanismo d'azione di questi antivirali?

TAMIFLU: CORSA ALLE SCORTE


Si parla sempre più spesso della nuova influenza A/H1N1 e la paura della sua diffusione ha contagiato un pò tutti. Infatti da recenti indagini è risultato che in questo periodo vi è stato un vero e proprio boom di vendita senza ricetta di Tamiflu, l'antivirale contro la pandemia più diffuso, nelle farmacie del nostro Paese. L'associazione Altroconsumo nell'inchiesta svolta tra il 28 e 29 luglio 2009 ha constatato e denunciato al Ministero della Salute e delle Politiche Sociali e alla Federazione Nazionale dell'Ordine dei Farmacisti che su un totale di 20 farmacie scelte casualmente tra Roma e Milano:

  • solo 4 farmacie non hanno venduto il Tamiflu per assenza di prescrizione medica
  • 14 vendono l'antivirale anche in assenza di prescrizione medica
  • in 2 il farmaco era stato esaurito.

Forse molti non sanno che gli antivali, tra cui l'oseltamivir (Tamiflu, Roche) in Italia vanno venduti solo dopo presentazione di ricetta al farmacista e quindi dopo un'attenta valutazione clinica da parte del medico. Quali sono i rischi/risultati di questa corsa alle scorte? Innanzitutto è bene ricordare ciò che ha precisato il Ministero della Salute nella Circolare del 22 luglio 2009, inviata alle autorita' sanitarie regionali, cioè che c'è "necessita' di razionalizzare le risorse disponibili di antivirali" soprattutto limitando "un uso improprio, che potrebbe portare a consumo di scorte disponibili, oltre che a induzione di resistenza ai ceppi virali". Inoltre in questo modo nessuna informazione riguardante le modalità di assunzione del farmaco viene data alla popolazione. Infine è bene guardarsi anche da chi specula sul fenomeno. Sono vari i siti nel web che offrono il Tamiflu a prezzi anche del 500% superiori al normale.

venerdì 31 luglio 2009

RU486 un farmaco? o un veleno letale?


Così spiega monsignor Giulio Sgreccia l'immissione in commercio del farmaco Mifepristone, più comunemente chiamato RU486, la cosidetta "pillola abortiva". La chiesa infatti ritiene l'utilizzo di tale un delitto da scomunica. Il farmaco è gia utilizzato in altri paesi europei, e adesso arriva anche in Italia dopo delibera del consiglio di amministrazione dell'AIFA (Agenzia del farmaco). La pillola potrà essere utilizzata solo in ospedale entro il 49/o giorno di gravidanza, oltre questi limiti infatti le complicanze aumentano rispetto all'aborto chirurgico. L'aborto chimico infatto presenta le sue complicanze che possono talvolta portare alla morte del paziente come dimostrano i 29 casi di decesso. Si tratta di un ormone steroideo con azione anti progestinica; il progesterone è l'ormone che assicura il mantenimento della gravidanza, viene prodotto inizialmente dal corpo luteo il quale poi viene mantenuto intatto grazie all'intervento dell'HCG (Gonadotropina corionica umana) prodotta intorno al sesto giorno dopo la fecondazione e cioè all'incirca nella fase di annidamento nell'utero. L'HCG permane fino a che la produzione di progesterone non è sostituita da produzione placentare. L'RU486 legandosi al recettore nucleare del progesterone, entra in competizione con l'ormone provocando l'inibizione dell'azione dello stesso sui geni delle cellule uterine, bloccando lo sviluppo embrionale e causando il distacco e l'eliminazione della mucosa uterina in un processo simile a quello mestruale. Tale farmaco quindi impedendo l'annidamento è clinicamente utilizzato al fine di interruzioni di gravidanza terapautiche spesso accompagnato da un intervento secondario con introduzione di fattori luteinici come una Prostaglandina, che provoca la contrazione uterina, favorendo l'eliminazione della mucosa e dell'embrione.

venerdì 24 luglio 2009

TRIPANOSOMI AFRICANI: MAGHI DEL TRAVESTIMENTO




Molti avranno di sicuro sentito parlare almeno una volta della malattia del sonno (tripanosomiasi africana). Questa malattia è causata da un parassita, il protozoo flagellato Trypanosoma brucei, è un parassita del sangue veicolato dalla mosca tse-tse (specie di mosche appartenenti al genere della glossina). Una volta entrato nell'ospite l'infezione dovuta a questo parassita dura molto a lungo terminando con la morte dell'ospite. In realtà il protozoo viene ricosciuto dal sistema immunitario e ad ogni attacco la stragrande maggioranza di questi parassiti viene distrutta, ma una piccola parte riesce sempre a sopravvivere e a ripopolare il sangue mantenendo attiva l'infezione. Ciò avviene perchè questo microrganismo ha una grande capacità nel modificare rapidamente la proteina di rivestimento. Infatti ogni triposoma è rivestito da 10 milioni di molecole di una singola glicoproteina. Il sistema immunitario riconosce questa proteina di rivestimento, ma prima che tutti i triposomi siano uccisi alcuni riescono a cambiare la glicoproteina di superficie in un altra che non è immediatamente riconosciuta dal sistema immunitario, di conseguenza i parassiti proliferano nuovamente nel sangue. Questa storia si ripete varie volte e grazie a questa capacità il parassita riuscirà sempre a sopravvivere mantenendo l'infezione per settimane o anche mesi fino a quando l'ospite muore. La capacità del parassita di modificare le glicoproteine di superficie è dovuto alla presenza nel loro genoma di geni che codificano diverse varianti di queste glicoproteine, in ogni istante solo uno di questi geni è attivo mentre gli altri sono silenti. Questo fa si che durante la malattia, i geni che vengono espressi cambiano continuamente, facendo in modo che il parassita modifichi spesso le sue proteine di rivestimento, riuscendo così ad eludere il sistema immunitario.

martedì 7 luglio 2009

PERCHE' NEL DNA RITROVIAMO LA TIMINA E NON URACILE?


Perchè a differenza dell'RNA nel DNA troviamo la timina (immagine sopra) al posto dell'uracile? In fondo entrambe si appaiano all'adenina. La risposta sta nel fatto che la timina contribuisce a garantire la fedeltà della replicazione. Nel DNA durante i processi della replicazione vengono commessi degli errori nella sintesi delle nuove catene polinucleotidiche complementari agli stampi; errori che vengono corretti dalle DNA polimerasi o da altri enzimi coinvolti nella riparazione degli errori. Una delle mutazioni più comuni è la deamminazione della citosina che porta a formare l'uracile. In ogni istante un piccolo numero di residui di citosine perde il suo gruppo amminico mediante deamminazione venendo così convertito in uracile.

Per fare un esempio: che cosa succederebbe se durante la replicazione una base di C-G si separasse? Se l'uracile fosse una base del DNA, in quel punto la citosina che è stata deamminata ad uracile si appaierebbe con una adenina piuttosto che con una guanina. Di conseguenza se l'uracile fosse una base comunemente presente nel DNA, le DNA polimerasi appaierebbero un'adenina in corrispondenza di un uracile, e non ci sarebbe modo di capire che la presenza dell'uracile è dovuta ad una mutazione, di conseguenza l'errore non sarebbe corretto. Poichè l'uracile non è una base naturale del DNA, le DNA polimerasi possono riconoscerla come un errore e sostituirla. Ecco perchè la timina, nonostante abbia come unica differenza strutturale dall'uracile la presenza di un gruppo metile al C-5, contribuisce ad assicurare che la replicazione del DNA avvenga in maniera efficiente.

giovedì 25 giugno 2009

DISTORSIONI DEL DNA: TWIST SLIDE ROLL





Qualche tempo fa abbiamo dato uno sguardo alla molecola del DNA e alle sue caratteristiche strutturali; bisogna sottolineare però che tutti i parametri della doppia elica descritti da Watson e Crick sono dei valori medi. E quando andiamo ad osservare una molecola di DNA con una particolare composizione possiamo avere dei valori leggermente diversi. Infatti possiamo notare delle distorsioni nella struttura della doppia elica, ed una delle distorsioni più comuni che si osservano è relativa alla curvatura del DNA definita angolo di twist. Il twist ha un valore medio intorno ai 36° come descritto da Watson e Crick, però questo valore può variare a seconda del tipo di basi azotate che incontriamo lungo la molecola. Come mostrato nel grafico sottostante si nota che nel passaggio A-A, e T,T l'angolo è di 36°mentre negli altri casi G,C e C,G l'angolo è di circa 40°.

Ciò significa che a seconda delle basi presenti, l'angolo di twist della doppia elica varia, variazione che dipende anche dall'inclinazione delle basi stesse. Infatti bisogna sottolineare che il twist permette un ottimo appaiamento tra le basi, ma non è ottimale per un buon impilamento delle basi stesse, e infatti questa distorsione potrebbe farci pensare che riduca la superficie di sovrapposizione delle basi azotate con conseguente perdita della stabilità della molecola, però vi sono anche altre deformazioni nella struttura del DNA che contribuiscono a ristabilire una impilazione migliore; tra queste deformazioni vi è il propeller twist detto comunemente distorsione a pala d'elica.

Come si può osservare nell'immagine le basi azotate non sono disposte proprio sullo stesso piano ma in due piani diversi (l'entità della distorsione può variare a seconda del tipo di basi) che si sovrappongono in modo tale da sembrare un elica. Questo tipo di rotazione permette un ottima sovrapposizione tra le basi azotate che si trovano al di sopra e al di sotto nella doppia elica. Inoltre si può notare che i legami idrogeno tra le due basi sono distorti ma rimangono ugualmente intatti, inoltre sono possibili anche legami idrogeno incrociati che stabilizzano la distorsione a pala d'elica. Oltre al twist si possono incontrare altri tipi di distorsioni piuttosto comuni (si possono vedere nell'immagine in cima alla pagina) come il roll, distorsione che determina l'inclinazione del piano di una coppia di basi azotate rispetto al piano della coppia successiva, senza variazione dell'inclinazione dei legami fosfoesterei, un pò come le pagine di un libro che si aprono, il tilt che determina un inclinazione del piano di una coppia di basi azotate rispetto al piano della coppia successiva. Questo tipo di deformazioni altro non sono che la risposta alle interazioni tra le basi azotate, insomma si creano per avere una migliore stabilità strutturale.

giovedì 11 giugno 2009

CHE COSA E' LA NUOVA INFLUENZA A(H1N1)?

L'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha innalzato il livello di allerta a 6, più di 74 le nazioni colpite nel mondo, e casi di persone infettate dal virus A/H1N1 diventano ogni giorno di più. In questo link dell'OMS (NEW INFLUENZA A/H1N1) potete vedere una mappa che viene aggiornata continuamente, mostra i paesi dove si sono registrati casi di influenza A confermati da analisi di laboratorio. La mappa proviene direttamente dal sito dell'OMS aspettate qualche secondo dopo aver cliccato il link e si caricherà la pagina. Come dichiarato dalla direttrice dell'OMS Margaret Chan; la pandemia per ora ha una gravità moderata, e l'aver innalzato il livello di allerta a 6 non vuol dire che il virus sia diventato più aggressivo, ma dal momento che non è tamponabile bisogna mantenere alto lo stato di allerta. La gravità della pandemia potrebbe aumentare? Come dichiarato sempre dal sito dell'OMS, la gravità delle pandemie può cambiare nel tempo e la combinazione di determinati fattori potrebbe portare ad un aggravarsi dell'epidemia, ad esempio un ulteriore cambiamento del virus potrebbe favorire questo evento. Le ragioni che hanno spinto l'OMS a dichiarare la pandemia di gravità moderata è dovuto principalmente al fatto che:
1)Molte persone sono riuscite a guarire senza la necessità di essere ricoverate in ospedali
2)I sistemi di assistenza sanitaria dei paesi sono riusciti a far fronte senza troppe difficoltà ai casi
di influenza A.
Ma che cosa è questa nuova influenza A?

INFLUENZA A: L'OMS DICHIARA LO STATO DI PANDEMIA


Nuovi aggiornamenti riguardanti l'influenza A, oggi 11 giugno l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) a fronte dei tanti casi, dovuti al virus A/H1N1, che ormai sono arrivati a quota 28774, ha innalzato il livello di allerta a 6 dichiarando lo stato di pandemia. "E' la prima dal 1968", ha dichiarato Margaret Chan direttrice generale dell'organizzazione della sanità, la quale precisa che il nuovo virus, che ha causato oltre 28000 casi e 141 decessi, almeno nei primi periodi sarà di moderata gravità e il fatto di aver innalzato il livello di allerta a 6, non indica che il grado di pericolosità e aggressività del virus è aumentato, ma si vuole sottolineare che i paesi di tutto il mondo devono mantenere molto alte le difese, contro un virus che per ora non si riesce a contenere.

venerdì 5 giugno 2009

DA OGGI UN NUOVO ARRIVATO NELLA FAMIGLIA "BIOSPROJECT"

Oggi, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, abbiamo deciso di cimentarci in una nuova avventura in rete..
La biologia è passione, curiosità, voglia di scoprire noi stessi, ma non solo. E’ anche interesse e studio di tutto ciò che naturalmente circonda l’uomo.
Per questo motivo oggi nasce “
BiosProject: Earth”, una piccola finestra sulla zoologia e la botanica.



Scopriremo insieme tante curiosità sulla vita di animali insoliti, approfondiremo alcune caratteristiche delle piante e parteciperemo alle iniziative a favore dell’ambiente.


Perché.. La Terra ha bisogno di noi! :)

venerdì 1 maggio 2009

INFLUENZA SUINA



In pochi i giorni i casi accertati di influenza suina sono saliti ad oltre 300; secondo quanto riportato dall'organizzazione mondiale della sanità (OMS ), la situazione continua ad evolversi rapidamente. Oggi 1 ° maggio 2009, 11 paesi hanno ufficialmente segnalato 331 casi di influenza dovuti al virus A (H1N1). Il governo degli Stati Uniti ha segnalato 109 casi umani confermati in laboratorio. Il Messico ha segnalato 156 casi umani confermati di infezione, di cui nove morti accertati. I seguenti paesi hanno segnalato casi di persone che hanno contratto il virus, tutti confermati da analisi di laboratorio - Austria (1), Canada (34), Germania (3), Israele (2), Paesi Bassi (1), Nuova Zelanda (3), Spagna (13), Svizzera ( 1) e il Regno Unito (8). Si è ritenuto prudente per coloro che sono malati di rinviare viaggi internazionali, e per le persone che sviluppano sintomi di rivolgersi al medico, in linea con l'orientamento da parte delle autorità nazionali. Inoltre l'OMS assicura nuovamente che non vi è alcun alcun rischio di infezione derivante dal consumo di carne di maiale ben cotta.
Per il momento in Italia non sembrano esserci problemi di alcun tipo, e i pochi casi sospetti si sono rivelati fortunatamente dei falsi allarmi.
Su google potete trovare una mappa che segnala i paesi dove sono stati registrati i contagi, basta cliccare su H1N1 swine flu . Per quanto riguarda la simbologia: Viola significa che vi è un caso probabile o confermato ; giallo sono casi risultati negativi, i decessi non sono riportati, mentre rosa sta ad indicare che sono in corso degli accertamenti.

domenica 29 marzo 2009

ESTRAZIONE RNA


Le quantità di RNA variano a seconda dei tessuti e delle cellule che prendiamo in esame, per preparare l'RNA, come per il DNA genomico, si può partire da tessuti, dalle cellule, ma raramente dai nuclei, inoltre per estrarre l'RNA dobbiamo prendere in considerazione una serie di precauzioni. Uno dei problemi principali lo danno le RNAsi che sono enzimi un pò difficili da denaturare, resistono all’ebollizione prolungata, alla sterilizzazione in autoclave; sono attive entro un ampio range di pH, e inoltre a differenza delle DNAasi non basta aggiungere composti come l'EDTA, questo perchè le RNAsi funzionano senza necessità di cofattori enzimatici, o composti come il SDS, la struttura secondaria delle RNAsi sono in grado di ripiegarsi anche dopo essere state trattate con agenti denaturanti se l'agente è rimosso. Per cui prima di rompere le cellule si devono prendere della precauzioni, come preparare la vetreria prima di effettuare l'estrazione con NaOH o DPEC (dietlipirocarbonato) potente inibitore delle RNAsi; questo composto modifica i residui di istidina, fondamentali per l’attività catalitica. Dopo aver fatto questo le cellule vengono raccolte e centrifugate, in seguito il precipitato è raccolto e inserito in una soluzione di isotiocianato di guanidino composto che contribuisce ulteriormente ad inibire le RNasi (in realtà la sua funzione non è altamente specifica per le RNAsi ma probabilmente è abbastanza potente da denaturarle), poi si aggiunge EDTA che rompe le nucleasi (ma essendo un agente chelante che lega particolarmente bene gli ioni magnesio, calcio, zinco e rame e può denaturare anche altri enzimi) sarcosyl che rompe le membrane e il 2-mercaptoetanolo che denatura le proteine rompendo i ponti disolfurici indispensabili per il mantenimento della struttura delle RNAsi. A questo punto si omogenizza il tutto, si aggiunge sodio acetato a pH 4 fenolo saturo con acqua, cloroformio e alcool isoamilico, poi si agita e si centrifuga per eliminare le restanti proteine e il DNA. In ultimo si precipita l'RNA con alcol isopropilico e si incuba a -20°C. Dopo aver fatto questo si raccoglie il tutto nuovamente in isotiocianato di guanidina. Negli ultimi passaggi si è accennato all'utilizzo di fenolo, isotiocianato di guanidina, cloroformio utilizzati per denaturare le restanti proteine, alcuni di questi composti li abbiamo già accennati nell'estrazione di DNA plasmidico, perchè vengono utilizzati come denaturanti? Bisogna considerare che quello che determina la struttura e la funzionalità di una proteina è la sua specifica sequenza amminoacidica. Gli amminoacidi interagendo tra di loro formano una particolare struttura, che permette il corretto funzionamento della proteina; ma un ruolo importante nell'ambiente cellulare lo determina anche l'acqua che fa un pò da collante nel tenere la proteina nella sua corretta struttura, (ad esempio attraverso i legami idrogeno che si formano tra le molecole d'acqua, e, le catene laterali positive dei residui amminoacidici che costituiscono l'involucro esterno della proteina). Se cambiamo l'ambiente nel quale è immersa la nostra proteina aggiungendo fenolo o isotiocianato di guanidina avremo una modifica delle forze che sono presenti normalmente nell'ambiente cellulare, perchè andremo ad aggiungere differenti forze fra fenolo e i residui amminoacidi causando la denaturazione delle proteine. La concentrazione dell'RNA che abbiamo ottenuto dall'estrazione la si può leggere tramite la densità ottica in luce UV a 260 nm, possiamo controllare la qualità dell'RNA ottenuto tramite elettroforesi in gel d'agarosio in condizioni denaturanti con formaldeide. In sostanza se si sarà svolto tutto correttamente avremo 3 bande visibili, una di 28 Svedberg di rRNA, una di 18 Svedberg sempre di rRNA e una banda un pò più diffusa di 4 Svedberg di tRNA, la banda di mRNA non sarà molto visibile perchè nella cellula ce ne sta poco, costituisce infatti il 3-4% di RNA totale. L'RNA potrà essere visualizzato con Bromuro d'etidio che intercalandosi tra le basi fa evidenziare la posizione degli acidi nucleici quando sarà irradiato con luce UV. Ovviamente il 28 S ne assorbirà di più, se la banda 28 S dovesse risultare identica al 18 S significa che le RNAsi non sono state eliminate per bene e che parte dell'RNA è stato denaturato.

venerdì 27 marzo 2009

ESTRAZIONE DNA PLASMIDICO




I plasmidi sono piccole molecole di DNA extracromosomiale che nella tecnologia del DNA ricombinante possono essere utilizzate per introdurre frammenti di DNA di nostro interesse. Per preparare i plasmidi dobbiamo utilizzare necessariamente cellule che lo contengono, in questo caso i plasmidi li possiamo ricavare dai batteri. Sostanzialmente il dna plasmidico può essere estratto attraverso tre modalità: miniprep, midiprep, maxiprep; l'unica cosa che li differenza è la quantità di DNA plasmidico estratto, ma la modalità di estrazione è la stessa. Riassumiamo una miniprep, il protocollo completo è riportato nel post sopra (le immagini sono un pò piccole ma basta cliccarci sopra per ingrandirle). I batteri vengono fatti crescere in un terreno di coltura, e poi li raccogliamo tramite centrifugazione, il precipitato ottenuto viene poi sospeso in una soluzione di GTE (glucosio tris, EDTA) contenente l'enzima lisozima che causa la rottura della membrana batterica. Per la precisione questo enzima rompe i legami glicosidici tra il NAM (ac. N-acetilmuramico) e il NAG (N-acetilglucosammina) molecole che svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella formazione del peptidoglicano, questo rende la cellula particolarmente suscettibile alla lisi, venendo a mancare una delle difese più importanti che il batterio ha a disposizione. Per provocare la lisi completa della cellula, la denaturazione delle proteine, l'idrolisi dell'RNA, si aggiungono alla sospensione SODA (carbonato di sodio), SDS, NaOH. La SODA serve a sciogliere tutto consentendo al SDS (sodio dodecil solfato) di esplicare la sua azione denaturante, intercalandosi tra i residui amminoacidici che costituiscono le proteine. E' da notare che l'aggiunta di SODA insieme ad un composto basico come NaOH o KOH provoca l'idrolisi dell'RNA ma non del DNA, questo perchè l'RNA come acido nucleico è costituito da ribonucleotidi, e a differenza dei deossiribonucleotidi che compongono il DNA, al carbonio 2 dello zucchero presenta un gruppo OH che lo rende particolarmente instabile in ambiente alcalino venendo idrolizzato in una miscela di nucleotidi 2,3-monofosfato, il DNA a differenza dell'RNA è più stabile in ambiente alcalino. A questo punto per ottenere la precipitazione di tutto quello che abbiamo denaturato e del DNA ad alto peso molecolare, si incuba il tutto a 4 gradi per 10 minuti, mediante aggiunta di potassio acetato, questo composto neutralizza il NaOH e la soluzione litica preparata precedentemente consentendo la precipitazione del DNA genomico. Si centrifuga a bassa velocità e si filtra il supernatante su garza per eliminare le proteine ed il DNA genomico. Si precipita il DNA plasmidico con alcool isopropilico, che ha la funzionalità di cambiare la costante dielettrica del mezzo quindi anche gli agganci degli OH con i ponti ad idrogeno e fa precipitare sia RNA che DNA, in parole povere l'alcool rende il DNA insolubile. Il pellet di centrifugazione si sospende in un tampone standard in TE (Tris= idrossimetilamminometano C4H11NO3; e EDTA= etilendiamminatetracetato) tampone con un pH intorno a 7,5-8,0; il Tris viene utilizzato in laboratorio per la preparazione di molti tamponi, mentre l'EDTA è un agente chelante, blocca le nucleasi che potrebbero danneggiare il DNA, distrugge l'attività catalitica di questi enzimi legando gli ioni magnesio che svolgono un ruolo estremamente importante nella funzionalità di tutti gli enzimi che svolgono attività catalitiche nei confronti del DNA; eliminandole si impedisce al DNA di nostro interesse di essere danneggiato. Al tampone si aggiungono poi CsCl, EtBr e si trasferisce tutto in una provetta per ultracentrifugazione. Si ultracentrifuga all'equilibrio e si recupera la banda del DNA plasmidico con una siringa il cui ago viene infilato lateralmente al tubo in corrispondenza della banda di DNA plasmidico che risulta fluorescente, posta tra una superiore di DNA genomico-batterico e una inferiore di RNA. Se durante la procedura il plasmide è stato danneggiato sul gradiente di cesio il plasmide avrà forma rilassata o lineare se il tutto è stato eseguito come si deve lo troveremo in forma superavvolta. A questo punto bisogna eliminare il bromuro d'etidio (EtBr) per pulire il DNA plasmidico e lo si fa mediante estrazione con alcol isoacetilico. A questo poi segue una dialisi contro TE per togliere il bromuro d'etidio e l'alcool. Si legge la soluzione in luce UV a 260 nm per misurare quanto DNA è stato ottenuto e a 280 nm per sapere se è privo di proteine. Infine possiamo verificare lo stato e la purezza del DNA estratto mediante elettroforesi in gel d'agarosio.

mercoledì 25 marzo 2009

MARCATURA TERMINALE


Un'altra metodica è la marcatura terminale che consiste nel trattare il frammento di DNA o RNA sempre con un isotopo radioattivo (ad esempio fosforo 32 o 35). La marcatura è effettuata utilizzando un enzima adibito alla rimozione di un gruppo fosfato terminale all'estremità 5' la fosfatasi alcalina. In seguito il DNA privo dei gruppi fosfato all'estremità 5' sarà fosforilato con l'isotopo radioattivo da una polinucleotide chinasi un enzima che può catalizzare il trasferimento di un gruppo fosfato all'estremità 5' contenente il gruppo OH libero che è stato defosforilato dalla fosforilasi. In questo caso viene trasferito l'isotopo γ del fosforo 32 attaccato all'ATP (il fosfato terminale ad essere trasferito).
Ricapitolando; dalla molecola del DNA ad opera della fosfatasi alcalina vengono rimossi i gruppi fosfato terminali ...

5' P_________________________________________OH 3'
3' OH_________________________________________P 5'

... portando alla formazione di una doppia elica contenente alle estremità 3' e 5' solo gruppi OH...

5' HO_________________________________________OH3'
3' HO_________________________________________OH5'

...in seguito ad opera di una DNA chinasi l'isotopo radioattivo del fosforo viene trasferito dall'ATP alla molecola di DNA, marcandola radioattivamente con l'isotopo del fosforo.

5' P______________________________________OH 3'
3' HO__________________________________________P 5'

In seguito la reazione viene bloccata innalzando la temperatura. Se invece vogliamo marcare l'estremità 3' possiamo utilizzare l'enzima Terminal transfer; questo enzima catalizza l'aggiunta di circa 20-30 nucleotidi all'estremità 3'-OH di un filamento di DNA. Come substrati di questo enzima possono essere utilizzati nucleotidi come l'ATP contenente un isotopo radioattivo.


martedì 24 marzo 2009

SOUTHERN BLOTTING



Qualche post fa abbiamo parlato delle endonucleasi di restrizione e di come questi enzimi tagliano il DNA legandosi a specifiche sequenze nucleotidiche di riconoscimento; i frammenti risultanti dai tagli possono essere esaminati attraverso l'elettroforesi sul gel d'agarosio che ci può essere di grande aiuto nell'individuare la grandezza dei frammenti ottenuti. A seconda della concentrazione del gel possiamo discriminare i frammenti di varia lunghezza arrivando addirittura a separare frammenti che differiscono anche per un solo nucleotide. In seguito il gel può essere immerso in bromuro d'etidio in modo tale da colorare il DNA una volta illuminato con luce ultravioletta. Questo tipo di risultato però lo possiamo ottenere solo con frammenti di DNA molto piccoli, infatti per frammenti di DNA più grandi non possiamo separare molecole di dimensioni simili, questo perchè se la molecola originale di DNA che abbiamo usato è molto lunga, darà origine a molti frammenti di restrizione e sul gel osserveremo un'unica grande banda diffusa, nella quale possono essere presenti frammenti di ogni grandezza.
Grazie alle tecniche di ibridizzazione, una banda corrispondente ad un determinato frammento di DNA (per esempio quello contenente un gene) può essere identificato e prelevato anche se non se ne conosce la grandezza attraverso la tecnica del southern blotting; a condizione però di conoscere almeno una parte della sequenza di nostro interesse. Vediamo dunque quali sono i passaggi attraverso i quali si esegue una southern blotting. Prima di tutto digeriamo il DNA con gli enzimi di restrizione che in seguito saranno sottoposti ad elettroforesi su gel d'agarosio che le discriminerà in base al peso molecolare; quando i frammenti saranno completamente separati per elettroforesi, il DNA può essere visualizzato immergendo il gel in bromuro d'etidio. Il gel può essere immerso anche in una soluzione di HCl 0,2 M per facilitare una blanda depurinazione (l'immersione però in HCl può essere facoltativo). Invece dopo queste fasi preparatorie il gel viene immerso in un alcale forte, molto spesso si utilizza una soluzione diluita di NaOH 0,5 M per denaturare il DNA, la funzione della base forte è quella di scindere la doppia elica in un DNA a singolo filamento, questo passagio sarà di fondamentale importanza, perchè consentirà in seguito di ibridare i frammenti di DNA con una sonda specifica. Nella tappa successiva attraverso un tampone con un pH specifico si porta il gel alla neutralità (bisogna neutralizzare l' NaOH). Il gel può essere immerso in una soluzione di SSC per creare un ambiente ad alta forza ionica. Nella tappa successiva il gel viene posto su un foglio di nitrocellulosa o di Grassettonylon dove una soluzione salina viene fatta passare attraverso il gel d'agarosio in direzione perpendicolare alla direzione elettroforetica. La soluzione salina viene estratta dal gel in vari modi:

1) elettroblotting

2) sfruttando la capillarità



3) attraverso aspirazione (blotting da vuoto). Il movimento della soluzione salina attraverso il gel permette al DNA di essere trasferito dal gel alla nitrocellulosa, la quale lega molto strettamente le molecole di DNA a singolo filamento immobilizzandole in maniera efficace sul filtro nelle identiche posizioni a quelle in cui si incontrano nel gel. Si noti che il legame tra la molecola del DNA e la nitrocellulosa sembra essere causato da una combinazione di legami ad idrogeno, interazioni idrofobiche e ponti salini. La nitrocellulosa in seguito viene asciugata, facendola disseccare in un forno a vuoto per evitare il contatto con l'ossigeno, che reagisce in maniera violenta con la nitrocellulosa distruggendola, inoltre l'essiccamento in forno a vuoto fissa maggiormente le molecole di DNA alla nitrocellulosa. Quest'ultima tappa viene definita di preibridizzazione, il foglio di nitrocellulosa viene incubato in un sacchetto con una soluzione contenente proteine (albumina serica) o un detergente come SDS 20%. La funzionalità di questa soluzione sarà quella di saturare tutti i rimanenti siti di legame per il DNA che si trovano sulla nitrocellulosa, in modo non specifico dell'altro DNA, insomma questa miscela ha lo scopo di evitando in questo modo degli appaiamenti aspecifici con il filtro stesso, la fase di preibridizzazione viene eseguita ponendo il filtro in una apposita busta sigillata nella quale viene pipettata con cautela la miscela di preibridizzazione, in seguito viene effettuato l'essiccamento ad una temperatura di 65°C per molte ore, circa 6-12. Per rilevare la presenza di una particolare molecola di DNA all'interno dello striscio elettroforetico comprendente moltissimi frammenti di DNA, nello stesso sacchetto utilizzato per la preibridizzazione viene inserita la miscela per la ibridizzazione contenente una soluzione con la sonda specifica. Una sonda è di solito una molecola di DNA a singolo filamento di sequenza definita, che è stata marcata con un isotopo radioattivo (come il P32) o con qualche altro marcatore facilmente rilevabile con metodiche tipo autoradiografia. Ovviamente la sequenza nucleotidica sarà complementare al frammento di DNA che stiamo cercando, la sonda di DNA a singolo filamento si appaierà a quello del DNA bersaglio formando una duplex ibrido, che marcherà il dna bersaglio rendendolo riconoscibile e rilevandone la posizione sul foglio di nitrocellulosa. La preparazione della sonda viene effettuata con la metodica della nick translation.
Bisogna tenere conto di alcuni fattori quando si utilizzano i filtri di nylon o di nitrocellulosa:
FILTRO DI NYLON: il legame degli acidi nucleici al filtro avviene tramite legami covalenti ed è duraturo. In genere il fissaggio viene eseguito a 70°C, in stufa o con alcali deboli, o utilizzando i raggi UV.
FILTRO DI NITROCELLULOSA: il filtro dopo essiccamento è fragile e non sopporta molti cicli di lavaggio e ibridazione.

RANDOM PRIMER


Il random primer è un'altra tecnica per la marcatura del DNA, consiste nel denaturare il DNA in singole eliche tramite bollitura e poi raffreddarlo rapidamente in ghiaccio. Primer di circa 6-8 nucleotidi vengono inseriti casualmente nel DNA. Ovviamente si andranno ad appaiare a sequenze complementari di DNA e questo avverrà in molte posizioni perchè saranno presenti tutti i tipi di nucleotidi. I primer saranno in seguito allungate dalla polimerasi di Klenow (DNA pol I priva dell'attività esonucleasica 5'-3') per evitare che gli stessi primer possano essere distrutti dalla stessa polimerasi. I primer sono dNTP marcati sempre con un isotopo radioattivo in genere con l'isotopo 32 o 35 del fosforo. A differenza della nick traslation questa tecnica può essere usata solo partendo da pochi residui nucleotidici di DNA. (per vedere meglio l'immagine cliccateci sopra che si ingrandisce)


lunedì 23 marzo 2009

NICK TRANSLATION


Con il termine sonda intendiamo un frammento di DNA o RNA che viene sintetizzato utilizzando alcuni isotopi radioattivi, ad esempio sintetizzando chimicamente deossiribonucleotidi contenenti isotopi del fosforo (isotopi 32 o 35). Le modalità attraverso le quali possiamo marcare con una sonda il DNA sono varie; abbiamo la marcatura terminale 5' che viene effettuata utilizzando una polinucleotidche chinasi, marcatura terminale 3' effettuata utilizzando la terminal transferasi, e il random primer. Oggi parliamo della nick traslation, con questa tecnica possiamo marcare il DNA in tutta la sua lunghezza, a tale scopo possiamo sfruttare enzimi come la DNAsi I (endonucleasi) e la DNA pol I, il processo può essere descritto semplicemente suddividendolo in due stadi:

I) Nella prima parte la DNAsi I causa una rottura interna alla molecola di DNA da marcare rompendo i legami 3'-5' fosfodiesterico e quindi causando una interruzione (nick)

II) In seguito si aggiunge alla miscela di reazione la DNA pol I con i dNTP (deossinucleosidi trifosfati) marcati con l'isotopo radioattivo del fosforo (32 o 35). La DNA pol I contenente attività esonucleasica 5'-3' rimuove tutte le basi nucleotidiche non marcate sostituendole con i deossinucleotidi contenenti gli isotopi radioattivi. Il risultato finale sarà una doppia elica marcata con una elevata % di isotopi radioattivi.
Se vogliamo fermare la reazione lo possiamo fare aggiungendo TE + SDS (tris EDTA= Etilendiammina tetracetato) che causa la denaturazione della miscela enzimatica. Qui di seguito è presente un link che vi mostra come avviene la la marcatura del DNA con questo metodo, basta cliccare avanti per vedere i vari passaggi del processo.

domenica 22 marzo 2009

ENZIMI DI RESTRIZIONE





La tecnologia del DNA ricombinante ha svolto un ruolo di fondamentale importanza nel permettere un rapido sviluppo delle conoscenze su come avveniva l'espressione genica, la sua importanza sta nell'utilizzare enzimi che ci permettono di modificare il DNA in provetta. Gli enzimi che si possono sfruttare sono gli stessi che si trovano nelle cellule viventi e che partecipano a molti processi a carico del DNA.
DNA POLIMERASI: enzimi che partecipano ai processi della replicazione del DNA.
NUCLEASI: enzimi in grado di degradare il DNA rompendo i legami fosfodiesterici tra residui nucleotidici adiacenti.
LIGASI: enzimi capaci di legare, attraverso legami fosfodiesterici, estremità di molecole di DNA o porzioni interne di DNA dove sono presenti delle interruzioni.

Oggi parliamo degli enzimi di restrizione (nucleasi), per la precisione parleremo delle endonucleasi di restrizione, che svolgono un ruolo importante in tutti gli aspetti della tecnologia del dna ricombinante, la funzionalità di questi enzimi, ad esempio nei procarioti, è di proteggere la cellula dall'ingresso di materiale genetico estraneo, come quando la cellula procariotica è infettata da un virus batterico (batteriofago), se questi particolari enzimi riconoscono l'acido nucleico estraneo lo degradano. Le endonucleasi di restrizione come accennato prima sono in grado di rompere i legami fosfodiesterici tra due residui nucleotidici adiacenti idrolizzandoli, lo fanno riconoscendo specifiche sequenze di nucleotidiche ed effettuando tagli sulla doppia elica. Possiamo distinguere almeno tre tipi di nucleasi di restrizione definite anche di tipo I-II-III. Gli enzimi I e III non vengono utilizzati come gli enzimi di classe II perchè possono effettuare tagli anche a parecchie coppie di basi dal sito di riconoscimento, quindi non risultano molto utili essendo poco specifici nel taglio, di conseguenza non è possibile conoscere con certezza la posizione del taglio e le frequenze dei tagli. Gli enzimi di classe II sono molto più specifici tagliando proprio sulla specifica sequenza di riconoscimento o comunque molto vicina ad essa, essendo molto specifiche nel taglio generano una serie di frammenti la cui sequenza può essere predetta se si conosce la sequenza iniziale. Nella foto abbiamo un classico esempio di nucleasi di restrizione EcoRI (enzima isolato dall'E.Coli), questo enzima taglia il DNA solo ed esclusivamente sulla sequenza di sei nucleotidi 5'-GAATTC-3'; la quantità di segmenti di DNA che si possono ricavare utilizzando questi enzimi dipende da quante volte la sequenza di riconoscimento è presente nel DNA. Alcuni di questi enzimi possono tagliare il doppio filamento in due modi diversi, in posizione simmetrica (vedere nell'immagine AluI) portando alla formazione di estremità definite non coesive o piatte, altri tagliano il doppio filamento in maniera asimmetrica portando alla formazione di estremità definite coesive in quanto il taglio eseguito dall'enzima è sfalsato (vd. EcoRI o BamHI), lasciando le estremità 5' più lunghe di quelle 3'. Gli enzimi che portano alla formazione di questi tagli sono molto utili in quanto i filamenti sfalsati possono permettere l'inserimento di frammenti di DNA a doppio filamento che presentano estremità coesive complementari a quelle ottenute con gli enzimi di restrizione. Nel filmato preso da you tube (scusate è in inglese) potete vedere un esempio di quanto detto nelle ultime righe, argomento che comunque approfondiremo a breve.



E' possibile calcolare la lunghezza media dei frammenti prodotti da ogni enzima di restrizione e poi utilizzare questa informazione per stimare in maniera approssimativa il numero e la distribuzione dei siti di restrizione presenti nel genoma di nostro interesse. Per poter effettuare queste analisi partiamo da due assunzioni semplici: 1) ognuna delle 4 basi è presente nelle stesse proporzioni, come se il genoma fosse formato da 25% A, 25%T, 25% C, 25% G; 2) le basi sono distribuite in modo casuale lungo il DNA. Anche se queste assunzioni non sono sempre valide ci permettono di determinare la distanza media tra i siti di restrizione di qualunque lunghezza, usando la formula generale 4^n dove n è il numero di basi del sito. A sua volta il numero delle basi del sito può condizionare la lunghezza dei frammenti di restrizione, infatti secondo la formula 4^n, enzimi come RsaI, che riconosce la sequenza di 4 basi GTAC, taglia all'incirca una volta ogni 4^4, cioè 256 coppie di basi creando frammenti lunghi 256bp. In confronto l'enzima EcoRI, per un determinato perido di tempo, che riconosce la sequenza di 6 coppie di basi GAATTC, taglierà in media ogni 4^6, cioè 4096 coppie di basi dato che 1000 coppie di basi = 1 kilobase. Ora esponendo il DNA all'enzima per un tempo sufficientemente lungo si dà la possibilità di digerire estesamente il DNA. Il risultato è una digestione completa dove il DNA è tagliato al livello di tutti i siti possibili. Ma che succede se invece i ricercatori hanno di frammenti di 20 kb? La risposta è una digestione parziale che si ottiene dosando la quantità di enzima o il tempo in cui il DNA è esposto all'enzima stesso. Per esempio se andiamo a sottoporre il DNA a digestione con EcoRI, per un determinato periodo di tempo, permettendogli di tagliare all'incirca un sito di restrizione su 5, si producono frammenti lunghi in media 20kb. Insomma più lungo è il tempo di digestione maggiore sarà la percentuale dei siti di restrizione digeriti. Abbiamo accennato che l'enzima di restrizione RsaI che riconosce una sequenza di 4bp, taglia il genoma più o meno ogni 256 bp. Se per esempio esponessimo il genoma umano con le sue circa 3 miliardi di coppie di basi, a RsaI per un tempo sufficiente e in appropriate condizioni, potremmo stare certi che tutti i siti di restrizione saranno tagliati e otterremo: 3.000.000.000bp/256bp= all'incira 12.000.000bp (una media di 256bp). In confronto, EcoRI, il cui sito di restrizione è lungo 6bp taglia il DNA più o meno ogni 4096 bp. Se esponessimo chiaramente più lungo è il sito di riconoscimento di quell'enzima e minore sarà il numero di frammenti di restrizione ottenuti. Dopo aver ottenuto i frammenti li possiamo distinguere l'uno dall'altro in base al peso molecolare grazie all'elettroforesi su gel d'agarosio.

sabato 21 marzo 2009

IL DNA




Il DNA è il depositario molecolare dell'informazione genetica, informazione che contenuta sottoforma di specifiche sequenze nucleotidiche in segmenti di DNA che siamo soliti chiamare geni, permette la sintesi di proteine e di RNA, che a loro volta sono molecole di fondamentale importanza per la sopravvivenza e il corretto funzionamento delle cellule. Il DNA, o la doppia elica come viene comunemente chiamato, è una grossa macromolecola i cui mattoni costituenti sono i nucleotidi che interagendo tra loro attraverso particolari legami, formano due catene elicoidali avvolte attorno ad un asse immaginario creando così una doppia elica rigida destrorsa. Nella parte interna ritroviamo le basi azotate che attraverso legami idrogeno legano le due catene polinucleotidiche, mentre la porzione esterna è costituita dai deossiribonucleotidi con i gruppi fosfato carichi negativamente che interagiscono con l'ambiente cellulare circostante. Le basi azotate che si trovano all'interno della struttura sono letteralmente impilate le une sulle altre (cioè sovrapposte come una pila di monete); ed è proprio l'impilamento e la particolare complemantarietà delle basi azotate a permettere l'esistenza del DNA.







L'appaiamento tra le basi infatti è altamente specifico; ogni base azotata presente su una catena è appaiata sullo stesso piano con una base dell'altra catena: l'adenina è legata sempre ad una timina, la guanina è legata sempre ad una citosina, di conseguenza l'appaiamento vede sempre una purina legarsi con una pirimidina. Grazie a questo appaiamento specifico conoscendo le basi nucleotidiche presenti su un filamento è possibile conoscere anche le basi presenti sul filamento opposto dal momento che sono complementari le une alle altre. Le coppie di basi distano 0,34 nm, con 10,5 coppie di basi per ogni giro dell'elica (360°) della doppia elica. Lo scheletro zucchero-fosfato dei due filamenti complementari è orientato in maniera antiparallela, quindi i due filamenti hanno anche una polarità chimica opposta. Nella stessa direzione, lungo la doppia elica del DNA, in un filamento i legami fosfodiesterici vanno dal carbonio 3' di un nucleotide al carbonio 5' di quello adiacente, mentre il filamento complementare va dal carbonio 5' a quello 3'. Questa complementarità come vedremo in seguito ha un ruolo di fondamentale importanza nei processi di replicazione, trascrizione, ricombinazione.
Due sono le interazioni chimiche che determinano la corretta stabilità del DNA:
1)APPAIAMENTO DELLE BASI: tra i due filamenti assistiamo alla formazione di legami idrogeno, legami chimici che si esercitano tra un atomo elettronegativo (ossigeno, azoto) e un atomo di idrogeno legato ad un altro atomo elettronegativo (nell'immagine sopra si possono vedere le basi adenina e timina legate tra di loro da un atomo di ossigeno ed un idrogeno, e da un atomo di idrogeno ed uno di azoto). I legami a idrogeno come accennato prima, essendo più deboli dei covalenti, questo fa si che possano essere rotti e riavvicinati facilmente permettendo a tutti quegli enzimi che svolgono dei ruoli a carico del DNA di poter aprire e chiudere come una cerniera la doppia elica, come nel caso della replicazione del DNA. Inoltre tra le basi azotate si formano anche un numero diverso di legami idrogeno che in parte influenza la stabilità della doppia elica. Tra una adenina ed una timina assistiamo alla formazione di due legami idrogeno mentre tra una guanina e una citosina vi sono tre legami idrogeno. Ne consegue che una molecola di DNA che contiene una percentuale maggiore in guanina e citosina risulta essere nel suo insieme più stabile. Inoltre non è una semplice coincidenza che le regioni del DNA ricche in adenina-timina siano regioni che svolgono un ruolo importante durante i processi replicativi, infatti le ritroviamo in regioni a monte dei geni definiti promotori, che permettono lo svolgimento della doppia elica proprio nelle sequenze promotrici ricche in A-T (basti citare la prinbow box procariotica che analizzeremo in seguito). Inoltre gli appaiamenti di basi che abbiamo accennato poc'anzi adenina con timina, guanina con citosina sono gli unici appaiamenti possibili per offrire al DNA uno specifico diametro e stabilità strutturale. Altri tipi di combinazioni del tipo pirimidina-pirimidina o purina-purina sono pure possibili ma non darebbero le stesse combinazioni di legami idrogeno e non riuscirebbero ad entrare le giusto diametro dell'elica.
2) IMPILAMENTO DELLE BASI: insieme ai legami idrogeno rappresenta il secondo tipo di forze che rendono la molecola di DNA stabile. L'impilamento è un vero e proprio legame non covalente che si instaura tra le basi azotate (che ricordiamolo sono composti aromatici). Nel sovrapporsi le une sulle altre come una pila di monete gli elettroni dei legami pi greco vengono parzialmente distribuiti tra le basi azotate presenti al di sotto e al di sopra nella struttura. Inquesto modo una volta che i filamenti sono appaiati la stabilità della doppia elica viene aumentata ulteriormente.
I nucleotidi che costituiscono il DNA non riempono completamente il cilindro immaginario dell'elica ma formano degli spazi vuoti noti come solco maggiore e solco minore, che costituiscono dei siti in corrispondenza dei quali le molecole di DNA interagiscono con proteine o farmaci. Inoltre bisogna ricordare che appaiamento e impilamento sono importanti non solo per la stabilità strutturale della doppia elica ma anche dal punto di vista biologico, perchè ci danno importanti informazioni su come la struttura viene replicata (e di conseguenza come l'informazione genetica venga trasmessa alle generazioni successive). Il fatto che vi debba essere un determinato tipo di combinazione tra le basi azotate (adenina con timina e citosina con guanina) è indicativa del fatto che la replicazione del DNA potrà generare solo ed esclusivamente copie perfette della molecola parentale, utilizzando i due filamenti come stampo per la sintesi di nuove molecole di DNA (ovviamente sempre che la replicazione vada a buon fine). Vedremo in seguito come questo processo sarà utilizzato dagli enzimi DNA polimerasi durante la replicazione del DNA e dalle loro controparti le RNA polimerasi durante i processi della trascrizione.